L'India è in fibrillazione. Con una campagna martellante da mesi su media, social e con iniziative porta a porta, l'intero Paese è stato coinvolto nella febbre per la cerimonia che oggi, ad Ayodhya, nell'Uttar Pradesh, vedrà la consacrazione del nuovo tempio del dio indù Ram.
Il «Vaticano dell'induismo»
La costruzione dell'edificio, avviata dopo che nel 2019 la Corte Suprema assegnò il sito agli indù, a più di 30 anni dalla distruzione di una moschea secolare da parte della folla, è la realizzazione di una delle promesse chiave del programma del premier Modi e del suo partito integralista induista.
Cosa c'è dietro
L'idea del nuovo Vaticano ha fatto salire i prezzi dei terreni, con decine di milionari in gara per accaparrarseli: la star di Bollywood Amitabh Bachchan si è aggiudicato un lotto di mille metri quadri per 1,7 milioni di dollari, nove volte il prezzo che avrebbe pagato un anno fa. Esaltata come il passaggio che cambierà per sempre la storia dell'induismo, trasmessa su reti televisive nazionali, online e su mega schermi in tutte le ambasciate del mondo, oltre che nella newyorkese Times Square, la consacrazione vedrà affluire ad Ayodhya 8 mila invitati, di cui 506 Vip: capitani d'industria come Mukesh Ambani e Gautam Adani, celebrità, sportivi, diplomatici, politici, magistrati; sono già almeno cento i jet privati attesi nel nuovo scalo. «Dopo 500 anni di oppressione, il dio Ram torna infine ad Ayodhya», è il leit motiv. «Tutti gli indù potranno finalmente festeggiare». Tutti, tranne gli esponenti delle forze di opposizione, che hanno declinato l'invito «con rispetto», ma bollando la consacrazione come un show politico e criticando la scelta di affidare la cerimonia religiosa al premier Narendra Modi, invece che a un sacerdote.