Terremoti nei Campi Flegrei, il vulcanologo Luongo: «Eruzione? Se le fratture diventeranno più frequenti»

Il Professore Emerito di Fisica del Vulcanismo alla Federico II: bradisismo e terremoto sono due fenomeni che vanno insieme

Preoccupazione per i Campi Flegrei. Dopo l'ultimo forte terremoto, parla il Vulcanologo Giuseppe Luongo
Preoccupazione per i Campi Flegrei. Dopo l'ultimo forte terremoto, parla il Vulcanologo Giuseppe Luongo
di Antonio Cangiano
Mercoledì 13 Settembre 2023, 16:37 - Ultimo agg. 14 Settembre, 10:10
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L’ultima scossa violenta nei Campi Flegrei , è stata registrata dai sismografi dell'Osservatorio Vesuviano, alle ore 19,45 del 7 settembre 2023, nell'ambito di uno sciame sismico, ed ha raggiunto magnitudo 3.8 della scala Richter.

L'evento sismico, accompagnato da un boato, si è prodotto alla profondità di 2,5 chilometri, con epicentro localizzato ad Agnano, in località Pisciarelli.

Si è trattato del terremoto più energetico mai registrato nell'area dei Campi Flegrei dalla crisi bradismica degli anni 1982-84 ed è stato avvertito distintamente in tutta la zona rossa dei Campi Flegrei, comprese le Municipalità di Napoli. 

Sul fenomeno è intervenuto Giuseppe Luongo, Professore Emerito di Fisica del Vulcanismo all’Università di Napoli “Federico II” e presidente dell’Accademia di Scienze Fisiche e Matematiche in Napoli.

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Professor Luongo, il violento sisma del 7 settembre è stato percepito in maniera molto preoccupante. Le persone si sono spaventate e molte hanno trascorso la serata all’esterno delle abitazione e tanti anche la notte in auto. Molti, confusi, si chiedevano se fosse bradisismo oppure terremoto.
«Bradisismo e terremoto sono due fenomeni che vanno insieme.

Il bradisismo è un fenomeno associato al sollevamento o all'abbassamento del suolo. L'ipotesi è che l'attuale sollevamento sia legato ad una spinta che avviene ad una certa profondità. Questa spinta deforma le rocce sovrastanti e il suolo si innalza. Questo fenomeno avviene con maggiore intensità in corrispondenza del porto di Pozzuoli». 

Ci possono essere segni precursori di queste manifestazioni di movimento della terra?
«L'attuale sollevamento ci aiuta a capire l'energia in gioco e dove si trova la sorgente che spinge. Se questo non si manifesta non abbiamo nessun fenomeno registrato e pertanto possiamo affermare che ci troviamo in una situazione di tranquillità. Quando invece il suolo tende a sollevarsi, questo ha per natura la capacità di accumulare energia e si deforma. La roccia però ha un limite che noi chiamiamo “limite di rottura”, superato il quale avviene il terremoto».

Come può essere considerato oggi il livello di rischio vulcanico. E cosa si intende per rischio sismico.
«Bisogna separare il rischio sismico dal rischio vulcanico. Nella fase attuale, ci troviamo già dentro al rischio sismico. Nel senso che stanno accadendo degli eventi che raggiungono un livello tale da mettere in allerta chi è responsabile del governo del territorio. Il rischio vulcanico, arriverà qualora le fratture diventeranno sempre più frequenti e numerose. E attraverso queste fratture potrebbe risalire del magma che porterebbe ad un'eventuale eruzione».

Dunque, la crisi attuale potrebbe portare a un’eruzione? Quali eventualità e quali probabilità, se si possono avanzare anche solo come ipotesi?
«Innanzitutto bisogna verificare la “spinta”. Su questa questione c'è un dibattito ancora aperto nella comunità scientifica. Alcuni sostengono che si tratta di magma, altri di gas: io propengo per il magma. Soprattutto, occorre controllare in questa fase, dove si trova la spinta e se migra verso la superficie. In questo momento abbiamo una deformazione che ci aiuta a collocare la sorgente in profondità. Pertanto bisogna continuare a monitorare questo fenomeno, in particolare bisogna osservare se la spinta sta migrando verso la superficie: ma al momento non ci sono segnali in questa direzione. La spinta attualmente è localizzata a tre, quattro chilometri di profondità, e non si muove verso la superficie».

«Verificare se i terremoti stanno passando dalla profondità alla superficie», è una sua dichiarazione alla Stampa. Ci può dare qualche altro chiarimento in merito?
«Attualmente la sorgente di spinta è collocata al di sotto di tre, quattro chilometri di roccia che la ricopre. Questa è sottoposta ad una spinta dal basso che se perdura nel tempo la deforma. Man mano che la spinta migra verso l'alto, i terremoti si avvicinano sempre più alla superficie producendo fratture nelle rocce. Al di sotto di questa soglia di tre, quattro chilometri, generalmente non si registrano terremoti, perché le temperature delle rocce sono talmente elevate che le stesse hanno un comportamento diverso, duttile e non rappresentano un elemento fragile. Questo è quello che al momento stiamo osservando: un comportamento duttile ad una certa profondità e subito dopo una parte di roccia che risponde rigidamente e quindi si frattura generando terremoti. Perché in quest'ultima fase stiamo assistendo a terremoti più forti? Perché si sta accumulando energia nelle rocce più rigide, dove maggiore è il tempo per raggiungere il “limite di rottura”. Pertanto abbiamo terremoti meno frequenti ma di maggiore energia».

La prevenzione è una cultura da perseguire con estrema urgenza. Sulla base della sua professionalità ed esperienza portata anche a suo tempo nelle aule del Senato, quali suggerimenti può offrire a chi la ritiene un grande amico dei Campi Flegrei?
«Prima di un'eruzione abbiamo un'intensa attività sismica. Se questa attività raggiunge livelli elevati, gli edifici non sopportano quelle sollecitazioni. È evidente, pertanto, che il rischio sismico risulta troppo elevato per quella tipologia di edificio, in particolare se si tratta di vecchi edifici costruiti “pietra su pietra”; strutture deboli esposte al rischio crollo. Pertanto, bisogna verificare attentamente il grado di vulnerabilità degli edifici esposti».  

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