Ischia, caduti giù 80mila metri cubi di fango: al vaglio l’utilizzo per “rifare” le spiagge

Nel ripascimento degli arenili l’isola impegna molti fondi, così si potrebbero anche evitare i costi dello smaltimento

Ischia, caduti giù 80mila metri cubi di fango
Ischia, caduti giù 80mila metri cubi di fango
di Massimo Zivelli
Giovedì 8 Dicembre 2022, 22:58 - Ultimo agg. 9 Dicembre, 18:33
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Che fine faranno le centinaia di tonnellate di fango scese a valle dall’Epomeo, e che andranno presto rimosse dalla zona del Celario dove quel fiume di terreno, acqua e rocce ha seminato morte e distruzione? È un interrogativo su cui il commissario Legnini e il suo staff sono al lavoro da giorni, dopo un incontro informale con alcuni amministratori ischitani. E sempre di più prende quota l’ipotesi alternativa al fin troppo oneroso trasferimento nelle discariche della terraferma: quel materiale argilloso - pari secondo un calcolo approssimativo a una montagna di 80mila metri cubi - potrebbe essere utilizzato per effettuare il ripascimento delle spiagge isolane e rafforzare la zona costiera. I primi ostacoli sono già superati: l’Arpac infatti ha certificato la non tossicità dei fanghi, ritenuti idonei a qualunque utilizzo. Dal canto suo il sindaco di Forio Francesco Del Deo ha individuato un’area da adibire a stoccaggio temporaneo.

Siamo ad Ischia, quindi su un’isola che deve fare i conti anche con quel trasporto via mare che rende i costi di qualsiasi impresa immancabilmente quadruplicati rispetto agli standard della terraferma. L’impresa, qualora la si affrontasse nell’ottica di quanto già fatto nelle passate esperienze, rischia quindi di costare assai cara alle casse dello Stato e prosciugherebbe buona parte dello stanziamento da dieci milioni di euro messi in bilancio dal governo come primo pacchetto di aiuti. Riproponendo infatti la formula del trasferimento nelle discariche della terraferma di tutto il materiale franoso, secondo i calcoli occorreranno migliaia di viaggi a mezzo camion.

Un computo approssimativo fa comprendere che fra noleggio degli automezzi per il movimento terra, impiego degli autisti, delle ditte e dei mezzi per il carico, costi di carburante, costi della tratta andata e ritorno sui traghetti adibiti a trasporto speciale e conferimento nelle discariche autorizzate, ogni carico costerebbe non meno di 1.500 euro lordi. Alla fine ne uscirebbe un conto stratosferico, sicuramente milionario. Che potrebbe essere evitato operando diversamente, utilizzando quella mole enorme di materiale per il ripascimento delle spiagge isolane, da decenni l’altra nota dolente, sotto il profilo ambientale, per l’isola d’Ischia, dove gli arenili sono sottoposti alla costante erosione marina che influisce anche sulla fragilità delle coste.

L’ipotesi tratteggiata è seria e resta in campo perchè potrebbe abbattere i costi e far riguadagnare anche sul versante del ripascimento che a sua volta comporta costi elevati. Un’operazione delicata da condurre con fermezza e trasparenza, essendo chiari gli interessi di chi opera nel business del movimento terra. 

«Sicuramente non è una strada facile sotto il profilo burocratico, ma sarebbe la più efficace e la meno dispendiosa in assoluto, trasformandosi in un regalo prezioso all’ambiente costiero dell’isola d’Ischia», dice Giacomo Pascale, sindaco di Lacco Ameno. Il percorso infatti è costellato di vincoli e lacciuoli amministrativi, con ben 20 autorizzazioni da farsi rilasciare da enti vari, non ultimo il ministero dell’Ambiente. Occorrerà attendere quindi le prossime settimane per capire se Legnini, con l’appoggio dei sindaci isolani e grazie ai poteri speciali di intervento attribuiti dal governo, riuscirà ad avviare questo percorso, attuando una soluzione che supererebbe anche i problemi che spingono gli ambientalisti a guardare con occhio critico alla pratica del ripascimento: in particolare, lo svuotamento del sito di scavo (solitamente fondali in alto mare o cave nell’entroterra), il percorso di trasporto e il potenziale impatto del nuovo materiale importato sugli habitat costieri e marini.

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Superato lo scoglio delle analisi, necessarie per escludere la presenza su fango e terriccio di elementi inquinanti o irradiazioni dannose alla salute, normalmente si procede alla vagliatura, cioè alla separazione dei detriti più consistenti dal materiale argilloso e dal terriccio, che rappresentano il 70% del volume sedimentario. Questo materiale “sottile” viene quindi caricato su chiatte, che lo “pompano” sull’arenile. Interventi che a Ischia vengono effettuati ripetutamente lungo coste ad alto tasso di erosione, come i Maronti, zona letteralmente flagellata dalle mareggiate invernali. 

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