Marano, i resti della civiltà romana sotto un monte di rifiuti

Nel bosco della Salandra scaricati anche cumuli del pericoloso amianto

I resti della civiltà romana sotto un monte di rifiuti
I resti della civiltà romana sotto un monte di rifiuti
di Serena Palumbo
Giovedì 18 Gennaio 2024, 08:34 - Ultimo agg. 10:20
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Nel bosco della Salandra emergono reperti archeologici da una discarica di amianto. Complice della scoperta il lockdown del 2020 e la necessità di passeggiare all'aria aperta. Un medico ventottenne, sostenuto da residenti e archeologi, ha creato un'associazione per salvare i tesori mortificati. Non è la nuova Pompei. A ricoprire le mura romane non è lava solidificata, ma spazzatura. Amianto in alcuni casi. Questo è lo stato del bosco che dal comune di Marano si estende fino all'Eremo dei Camaldoli di Napoli.

«Durante il lockdown afferma Giampaolo Calone, medico e presidente della neo-associazione Salandra lovers i rapporti interpersonali erano negati.

La costrizione tra le mura di casa mi ha spinto a esplorare in solitudine il bosco del mio paese. Ho scoperto un patrimonio paesaggistico e archeologico ricco, ma anche tanta inciviltà».

La periferia di Napoli offre poco e i giovani si spostano verso la città. Alcuni comuni dell'area nord sono veri e propri dormitori. Mancano servizi e possibilità. Costretti a scappare, le nuove generazioni conoscono poco la propria terra. Ma forse il coronavirus in questo ha aiutato. Poche libertà e limiti geografici hanno portato a esplorare il circondario, come accaduto a Giampaolo. 

«Tra il 1990 e il 1992 il Gruppo Archeologico Napoletano ha condotto uno studio nel bosco della Salandra (anche denominato Faragnano). Ho cercato di orientarmi tra i sentieri per vedere i reperti da loro censiti. Non è stato facile. Vegetazione incolta e rifiuti non rendevano attendibile la cartina degli anni 90».

Più di trenta anni fa il gruppo di studiosi (formato da Giuliana Boenzi, Salvatore Mattozzi, Laura Petacco e Giorgio Troisi) ha identificato su diverse sommità del bosco strutture murarie di età augustea. Un Ciaurro (mausoleo romano tipico di Marano) e varie cisterne parzialmente intatte. Gli ambienti di una villa sono stati scoperti a pochi metri da un traliccio Enel. 

Sul punto più alto della collina la vera sorpresa. Una necropoli con tombe a cappuccina. Il bollo di una tegola recitava l'iscrizione «Q.LEPIDI», consentendo di datare la fabbricazione alla fine del I secolo a.C.. Coperture della stessa officina sono state ritrovate anche a Pompei, Ercolano, Sorrento e Ischia. La fattura di altre ceramiche, invece, ha permesso di ritenere che il sito sia stato abbandonato nel V secolo d.C..

Ma nel corso degli anni altre vite sono transitate tra questi sentieri, lasciando testimonianze più recenti. Nell'unico piazzale del bosco è ancora visibile una chiesa scavata nel tufo. Pericolante e assicurata da impalcature, si tratta dell'Eremo di Santa Maria di Pietraspaccata. La struttura fu creata durante il Ducato di Napoli, quando un eremita decise di scavare nel tufo la sua abitazione.

Nel 1600 alcuni monaci proseguirono i lavori, dando vita alla chiesa e ai nuclei abitativi. L'attività di culto rimase attiva fino al 1943, quando l'eremo fu colpito da una bomba e danneggiato. 

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Un'altra storia è quella che riguarda la grotta che nascose il brigante Alfonso Cerulo. Nel 1863, compiuta l'Unità d'Italia, il brigante rimase fedele al Regno delle Due Sicilie. Famoso per aver esposto sull'Eremo dei Camaldoli una grande bandiera con i gigli borbonici, fu catturato e condannato a morte nel 1867. Per anni, però, riuscì a darsi alla macchia nascondendosi nella grotta del bosco. Un rifugio perfetto, che appare ideale anche oggi a incivili cittadini, che lo hanno usato per abbandonare amianto.

«Con il supporto di residenti ed esperti, ho fondato l'associazione Salandra lovers. Organizziamo operazioni di bonifica del verde. Ci sono tante discariche abusive sparse per i sentieri. Il comune di Marano ci fornisce buste per la raccolta dei rifiuti, ma siamo noi a intervenire. Ci occupiamo solo di materiale non nocivi. Non abbiamo i mezzi per maneggiare e smaltire l'amianto. Pianifichiamo anche visite guidate. I residenti ci ringraziano e i turisti di altre zone della Campania restano sorpresi» conclude Calone. 

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