Sant'Antimo, il suocero amava la nuora: l'ha uccisa per possesso

Famiglia già in allarme: gli aveva vietato di presentarsi a casa e di vedere i nipoti

Caiazzo e la nuora
Caiazzo e la nuora
di Marco Di Caterino
Domenica 11 Giugno 2023, 10:00 - Ultimo agg. 12 Giugno, 07:06
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SANT'ANTIMO Era innamorato folle della nuora. E soffriva di una forma morbosa di gelosia, per ogni uomo che l'avvicinava, in particolare per il genero che vedeva come il più pericoloso rivale. Ed è stato quest'ultimo il primo ad essere ucciso giovedì scorso con sette colpi di pistola. Venti minuti dopo ha esploso altri cinque colpi con la stessa arma, contro l'oggetto dei suoi morbosi desideri, uccidendo la moglie del figlio davanti ai due nipotini. Più che tragica follia l'assurdo e crudele duplice omicidio di Sant'Antimo si è rivelato una storia lurida, scioccante, messa in piedi dall'assassino che in un solo colpo ha eliminato il presunto ma innocente e inconsapevole rivale, e cancellato dalla faccia della terra, l'oggetto dei suoi desideri, seguendo quel tragico copione da stalker che cosi recita: "O mia o di nessuno". Per questo è stato convalidato dal gip Simona Farina del Tribunale di Napoli Nord l'arresto per Raffaele Caiazzo, 44 anni, per il duplice omicidio del genero Luigi Cammisa, 29 anni e della nuora Maria Brigida Pesacane, 24 anni, rispettivamente marito e moglie di Anna e Alfonso Caiazza, figli gemelli dell'assassino.

Per questo il gip ha disposto una nuova ordinanza per la custodia cautelare in carcere per duplice omicidio aggravati da futili motivi, e per aver agito sia contro affini diretti che in presenza di minori. A questa "infame" lista di reati, il gip ha aggiunto e contestato a Raffaele Caiazzo, porto e detenzione illegale di pistola e spari in luogo pubblico. Nel dispositivo il gip ha disposto la stretta sorveglianza in carcere, perché l'uomo ha manifestato più volte l'intenzione di togliersi la vita. Al momento al reo confesso ma del solo omicidio di Luigi Cammisa, mentre per quello di Maria Brigida Pesacane Raffaele ha dichiarato di non ricordare nulla, non è stata contestata la premeditazione, ma da quello che è emerso dalle indagini svolte dai carabinieri della compagnia di Giugliano, diretta dal capitano Matteo Alborghetti, coordinati dalla Procura di Napoli Nord diretta da Maria Antonietta Troncone, ci sarebbero tutti i presupposti per l'aggravante della premeditazione.

Il duplice delitto, secondo quanto dichiarato dai famigliari dell'assassino, ha avuto un tesissimo prologo poche ore prima. Nel tardo pomeriggio di mercoledì, come ha raccontato agli inquirenti Alfonso Caiazza, figlio dell'omicida, ebbe un incontro con il padre nei pressi della stazione ferroviaria di Sant'Antimo, nel corso del quale Raffaele Caiazzo, senza tanti giri di parole, accusò Maria Brigida di andare a letto non solo con il cognato, ma che la moglie aveva persino ceduto anche alle sue voglie. Un racconto choc, che indusse Alfonso Caiazzo a riunire all'istante tutta la famiglia per un confronto con il padre, che davanti alle legittime proteste dei presunti "fedìfraghi" si rimangiò la presunta relazione con la nuora, ribadendo però le accuse infamanti contro genero e nuora, colpevoli di aver tradito i figli, che per tutta risposta gli comunicarono di non farsi vedere più, vietandogli di non presentarsi a casa per vedere i nipoti.

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Persino la moglie dell'omicida, Amelia D'Isidoro, ha confermato agli inquirenti che il marito si era preso una brutta sbandata per la nuora, aggravata e amplificata dalla dipendenza da alcool e spinelli, dei quali ne fumava anche cinquesei al giorno.

Messo all'angolo dal suo stesso sangue, il mattino successivo questo padre degenere si è trasformato in uno spietato assassino. Alle 6,30 ha ucciso il genero, appena uscito da casa, mettendo a segno tutti e sette i colpi. Al delitto ha assistito un collega di lavoro di Luigi Cammisa, che lo aspettava a bordo del furgone della ditta specializzata in controsoffittature.

E i venti minuti che sono seguiti, sono stati i più terribili per Alfonso Caiazzo, corso in Via Diaz dove era stato ucciso il cognato. Il marito di Maria Brigida Pesacane, intuendo quello che stava accadendo, ha telefonato alla moglie, pregandola di chiudere bene la porta di casa, visto il guaio che aveva appena combinato il padre. E nella disperata corsa verso Via Caruso, il povero Alfonso ha chiamato più volte la moglie, senza avere risposte. Maria Brigida non poteva più rispondere. Giaceva nella camera da letto, senza più vita, colpita a bruciapelo da cinque proiettili.

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