Torre Annunziata, nello Spolettificio il museo di Oplontis

Ecco il protocollo d'intesa per un investimento totale di 50 milioni

La firma del protocollo con i ministri Sangiuliano e Crosetto
La firma del protocollo con i ministri Sangiuliano e Crosetto
di Fabio Jouakim
Sabato 15 Aprile 2023, 09:00 - Ultimo agg. 16 Aprile, 09:30
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Un investimento totale di 50 milioni per trasformare parte dello Spolettificio - la Real fabbrica d'armi nata con Carlo di Borbone nel 1758 - e creare così nel pieno centro storico di Torre Annunziata un singolare sistema storico-archeologico-militare. Facendo convivere, nei circa ottantamila metri quadri della struttura, un museo per i reperti di Oplontis con depositi e una scuola di restauro, la produzione dello stabilimento e nuovi spazi per guardia di finanza e carabinieri, grazie alla riconversione degli edifici militari finora inutilizzati. Una strada aperta ieri, con il protocollo firmato dai ministri Guido Crosetto (Difesa), Gennaro Sangiuliano (Cultura), da Alessandra dal Verme (direttore Agenzia demanio) ed Enrico Caterino (commissario straordinario del Comune oplontino).

La cultura come traino per tutta l'area, sotto il grande ombrello dell'attrattore Pompei - l'intervento rientra nella buffer zone - che anche a Pasqua, come ricorda Sangiuliano, «insieme a Ercolano ha avuto numeri straordinari».

Le parti che erano dello Spolettificio annesse al sito archeologico, con nuove aree per le attività ricettive e di promozione e parcheggi. Sognando occupazione di qualità in un territorio depresso e uno sviluppo adeguato: «Oplontis come Pompei» l'ambizioso programma di Sangiuliano. «Qui siamo al centro di una delle più importanti aree archeologiche del mondo - prosegue il ministro - che ruota attorno a Pompei ma che comprende tutti gli altri siti. Acquisiamo come ministero questo spazio, abbiamo già fatto uno stanziamento di circa dieci milioni di euro: qui realizzeremo un deposito di antichi reperti e un museo dove esporremo collezioni che non trovano spazio altrove. Si pensa anche di implementare una scuola di restauro: archeologia e restauro sono un'attrattiva per giovani che studiano».

Anche Crosetto sottolinea la possibilità di far arrivare qui «lavoro pregiato, grazie alla cultura. Oggi diamo un esempio di come i beni dello Stato possono essere valorizzati e reimpiegati, mantenendo in parte la funzione che hanno, in questo caso da centinaia di anni, e in parte essere riutilizzati, sia pensando alla cultura, che in questo territorio può rappresentare un motore fondamentale, sia alla sicurezza». Il ministro della Difesa sottolinea che «ci saranno produzioni specifiche» e «un'ulteriore valorizzazione del museo». Poi punge, ricordando come questo sia «l'esempio di quanto sia importante abbattere le barriere che esistono tra pezzi dello Stato» e raccontando un aneddoto eloquente: «Da sottosegretario ho impiegato due anni per ottenere l'elenco dei beni della Difesa, ogni forza armata lo teneva per sé. Bisogna trattare i beni pubblici cone se fossero i propri. Non utilizzarli non è solo un peccato ma un reato».

 

Nelle intenzioni di Sangiuliano i lavori saranno veloci («I cantieri saranno aperti entro un anno, un anno e mezzo»), con un cronoprogramma che prevede la fine dell'intervento entro il 2027 (il 2030 per gli spazi delle forze dell'ordine). Al tavolo tecnico anche il Grande progetto Pompei: il direttore, il generale dei carabinieri Giovanni Di Blasio, ricorda anche il solido restyling in corso per altri tre patrimoni del territorio, Villa Favorita a Ercolano, gli ex Molini Marzoli a Torre del Greco e la reggia di Quisisana a Castellammare di Stabia.

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«Un segnale al territorio che lo Stato c'è, per questo firmiamo qui e non a Roma» sottolinea Sangiuliano. Sullo sfondo aleggia la potenziale occasione di riscatto per la città, mortificata dallo scioglimento dell'amministrazione per infiltrazioni camorristiche. Il commissario Caterino la legge con realismo: «Siamo in una realtà territoriale complicata, l'intervento va in direzione di un risanamento ambientale e sociale. In città ci sono ancora tanti spazi abbandonati, un degrado nel quale si insinua la criminalità. Speriamo che questo sia l'inizio di un rinnovamento per la città». E se sempre sul fronte del lavoro i circa cinquanta dipendenti dovrebbero proseguire nelle mansioni attuali, come dice il direttore dello stabilimento, il colonnello Vincenzo Bello, su quello della sicurezza i nuovi spazi potrebbero essere la risposta alla parabola di palazzo Fienga, l'ex fortino del clan Gionta la cui trasformazione in cittadella della legalità oggi sembra più lontana. Al presidio di legalità, i nuovi spazi per fiamme gialle e comando compagnia di carabinieri, andranno infatti oltre diecimila metri quadri. Infine alcuni spazi si aprono letteralmente alla città: previsto un nuovo collegamento pedonale fra il rione Provolera e il rione Murattiano, tramite il sottopasso che taglia longitudinalmente lo stabilimento militare. 

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