Scampia, promesse mancate e miraggi tra università, Vele e strade

Scampia, promesse mancate e miraggi tra università, Vele e strade
di Paolo Barbuto
Martedì 1 Febbraio 2022, 11:00 - Ultimo agg. 14:31
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All'esterno dell'istituto che porta il nome di Ilaria Alpi e Carlo Levi i ragazzi sono esuberanti e sorridenti, anche dietro le mascherine; la piazza di fronte è desolata, come sempre, passano poche auto veloci, tutt'intorno c'è lo stesso degrado del resto della città: cartacce, erba incolta nelle aiuole, auto in divieto, cumuli d'immondizia.

Quando provi a chiedere a un gruppetto cosa manca a Scampia? la risposta è una fucilata: «Manca il fatto che dovete lasciarci in pace, non siamo uno zoo da visitare, siamo persone, ci vedi? Non portiamo armi, non siamo pusher, non siamo camorristi. Chi viene qui pensando di raccontare Gomorra sbaglia».

Chiara è arrabbiata, i compagni la sostengono. Difficile spiegare loro che stavolta il racconto è sulla Scampia vera, quella della gente perbene che aspetta il cambiamento. L'atteggiamento, però, non cambia: «Di cosa abbiamo bisogno? Di parchi pubblici che non facciano schifo, di un autobus che ci porti dove desideriamo arrivare, di lavoro per i genitori che non ce l'hanno più, di spazi dove incontrarci senza preoccupazione. Sai a noi che cosa ci manca? - Chiara adesso ha i lucciconi - Ci manca il futuro».

È un momento difficile da affrontare, perché Chiara e i suoi amici, che adesso hanno fatto capannello e l'abbracciano, hanno ragione.

Tutt'intorno c'è il deserto delle promesse mancate, l'abbandono delle parole vuote, il dramma delle iniziative mai decollate. È vero che il territorio pullula di associazioni piccole e grandi che lottano al fianco dei giovani, che cercano di istillare buone idee e voglia di crescere, ma a Scampia manca un progetto vero, grande, condiviso ad ogni livello. 

 

All'ingresso del campo rom di cupa Perillo ci sono tre auto schierate l'una di fianco all'altra. Dall'interno partono sguardi che sembrano saette: chi sono questi invasori? Perché vengono qui?

Il fatto è che bisogna andare proprio in mezzo al campo rom per spiegare, e spiegarsi, l'assurdità dello svincolo stradale vietato dalle baracche.

La strada è stata progettata nel 1972 per collegare Napoli con l'hinterland, i lavori sono iniziati negli anni 90, lo svincolo per Scampia era pronto nel 2006. Solo che, nel frattempo, sotto al viadotto in costruzione, s'erano accampati i rom. Il villaggio s'era ingrandito talmente tanto da aver invaso anche le strade circostanti e pure la zona destinata al transito delle automobili. Si decise di non aprire lo svincolo e di rimandare il problema: il rinvio dura da sedici anni, i rom sono ancora lì, la strada che potrebbe collegare facilmente Scampia al centro e all'hinterland, resta vietata anche se ci sono progetti in corso per riaprirla.

Pare una vicenda piccola piccola, quella della strada vietata, e invece è un problema grande: consentirebbe di aprire un varco verso Scampia, permetterebbe flussi di persone in entrata e in uscita che potrebbero contribuire a cambiare il volto del quartiere. A battersi per risolvere questa storiaccia e per tante altre necessità di Scampia, fino allo scorso ottobre c'era Apostolos Paipais che oggi ha lasciato la presidenza della municipalità al tenace Nicola Nardella: «Ho fiducia in ciò che farà Manfredi - spiega Paipais - anche se gli scrissi, poco dopo l'elezione spiegandogli che bisognava fare in fretta per la questione dello svincolo, perché c'erano fondi a rischio. Sono sicuro che la nuova Giunta sta lavorando anche per questo, dopo dieci anni di sfacelo è difficile ritrovare il percorso adatto ma io resto fiducioso».

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La vela Verde è stata abbattuta nel 2020. Subito dopo la stessa sorte sarebbe toccata alle altre, dissero. A tutte tranne una, la celeste, destinata a un progetto di rivitalizzazione. Al posto dei palazzi simbolo del degrado dovevano esserci nuove case per la gente di Scampia, abitazioni capaci di restituire dignità e vivibilità alla gente.

Da quando è stata abbattuta la vela Verde, invece, non è successo più nulla. Il progetto Restart Scampia che doveva correre come un treno e portare aria nuova e nuove speranze al territorio s'è fermato inesorabilmente. La gente aspetta le nuove case, si ritrova con una vela in meno e lo stesso degrado di sempre.

Per accogliere le persone sfrattate dalle vele in abbattimento s'era predisposto un piano sconvolgente: prefabbricati nell'area della vela abbattuta. Un modo per far germogliare altro degrado. Adesso sembra che l'idea sia stata abbandonata.

L'abbattimento di tutte le vele, inizialmente auspicato per il 2015 (prima dei nuovi progetti) dovrebbe essere completato entro il 2025, spesa complessiva 18 milioni, compreso il restyling dell'unica vela superstite. L'obiettivo è irraggiungibile, anche perché attualmente non c'è nessuna attività in corso.

C'è movimento, invece, intorno all'edificio circolare che dovrà ospitare la nuova facoltà di medicina. Oggi si saluta come un traguardo gioioso l'annuncio dell'inizio dei corsi per il prossimo autunno (anche se l'avvio dei primi ambulatori è annunciato per il mese di aprile). Festeggeremmo anche noi se solo non ricordassimo che l'apertura della facoltà di medicina cha avrebbe dovuto cambiare radicalmente il volto di Scampia era annunciata per la fine del 2008, quattordici anni fa.

Il percorso nei luoghi delle promesse mancate è difficile da affrontare, nelle orecchie le parole di Chiara e dei ragazzi della scuola, davanti agli occhi cumuli d'immondizia, strade scassate, verde violato e abbandonato. Forse hanno ragione loro, quel che manca qui è il futuro, e le promesse non mantenute non consentono di pensarla diversamente.

C'è qualcuno capace di far cambiare idea a Chiara? 

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