Banconapoli, assolto Marrama:
«Fine del mio calvario»

Banconapoli, assolto Marrama: «Fine del mio calvario»
di Leandro Del Gaudio
Sabato 31 Luglio 2021, 09:38
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Non c'era materia per formulare una richiesta di rinvio a giudizio. Non c'era materia per portare avanti un processo, per ipotizzare un capo di imputazione. Tutto si è concluso con una archiviazione che, a 4 anni dai fatti (scanditi da una straordinaria attenzione mediatica) chiude il capitolo legato alla gestione della fondazione banco di Napoli.


In sintesi, il gip ha archiviato le accuse a carico dell'ex presidente della Fondazione Daniele Marrama, non ravvisando gli estremi per sostenere l'accusa di appropriazione indebita, in relazione ad alcuni investimenti operati dall'ex consiglio di amministrazione dell'ente. Un'udienza camerale che ha così accolto la richiesta di archiviazione che era stata sostenuta dall'allora pm Sergio Amato (attualmente procuratore aggiunto) e che ha respinto l'opposizione (del presidente del consiglio di amministrazione pro tempore Rossella Paliotto) che era stava avanzata nei confronti delle conclusioni investigative. Cade l'accusa di appropriazione indebita, in relazione a strategie di investimento risalenti addirittura al 2015, da parte della fondazione Banco Napoli in favore della Banca regionale di sviluppo, poi passata sotto la guida dello stesso presidente Marrama. Stando alle accuse iniziali, ci sarebbe stato una sorta di conflitto di interessi da parte di chi, da un lato autorizzava un investimento milionario (sei milioni di euro) in favore di una banca, dall'altro andava a ricoprire un incarico per la stessa banca. Undici pagine, un provvedimento firmato dal gip Rossella Marro, che ha ripercorso le tappe di una vicenda che ha visto una contrapposizione tra studi professionali, in relazione al ruolo svolto dalla Fondazione Banco di Napoli e a ticket staccato verso altri istituti di credito (tutti caratterizzati da una connotazione meridionalistica).

Ma prima di entrare nel merito del provvedimento adottato dal giudice, restiamo al commento reso dal diretto interessato.

Difeso dai penalisti Ilaria Criscuolo e Bruno Von Arx, Daniele Marrama spiega al Mattino: «Finalmente, dopo quattro anni di calvario, è stata dimostrata l'inconsistenza delle accuse che mi sono state mosse. Quattro anni in cui hanno addirittura tentato di far calare una sorta di damnatio memoriae su quanto avevo fatto come presidente della Fondazione Banco di Napoli, mi riferisco a progetti come Carta storia, Archivio racconta, Meridonare, sul lavoro dell'intero consiglio di amministrazione. Ora finalmente è stata confermata l'inconsistenza delle accuse che mi sono state mosse». Una vicenda che risale a sei anni fa, che venne denunciata nell'ambito di una riunione del consiglio di amministrazione e che attirò addirittura una ispezione a Napoli del Mef. Era il 17 settembre del 2015, quando l'allora presidente Marrama informò il consiglio che in un'ottica di sviluppo e di crescita, sia per la Fondazione che per il territorio in cui si colloca, si sta valutando la possibilità di acquisire le azioni di una importante banca campana, la banca popolare di sviluppo, con un impegno di circa 6 milioni di euro.

Un passaggio che diede la stura a una contrapposizione rimbalzata sui giornali, per poi finire in un fascicolo giudiziario. Nella stessa circostanza (era l'undici dicembre del 2015), il presidente Marrama comunicò la manifestazione di interesse per conto della Fondazione per un aumento di capitale della Banca popolare di sviluppo, poi rinominata Banca regionale di sviluppo)». Fu l'inizio della querelle, uno scontro sull'approvazione del bilancio che vide impegnati - in contrasto tra loro - due cordate professionali radicate in città. Scrive oggi il gip: «La condotta di Daniele Marrama si è inserita in un solco già collaudato dall'anno 2005, quando presidente del Cda era Adriano Giannola (con i primi investimenti nella Banca del Sud)»; in secondo luogo, anche il Mef ha chiarito la legittimità delle operazioni messe in campo, mentre risulta difficile immaginare un accordo tra Marrama e tutti gli altri componenti del Cda (compresi gli esponenti del collegio sindacale, che espressero parere positivo). In sintesi, scrive il giudice: «Non vi sono elementi per sostenere che Daniele Marrama, ed eventualmente altri appartenenti alla fondazione che hanno ricevuto incarichi nel cda degli istituti bancari, abbiano agito per un interesse esclusivamente personale, che dovrebbe essere individuato nella successiva nomina all'interno del Cda degli istituti bancari beneficiati dagli investimenti», in mancanza di elementi concreti per dimostrare l'esistenza di un accordo illecito a monte tra vertici di Cda della fondazione e vertici degli istituti bancari».

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