Bimbo in fin di vita tra Napoli e Salerno: giallo sulle tracce di droga in corpo

Salerno, il piccolo di appena tre mesi affetto da meningite di origine batterica

Il Santobono
Il Santobono
di Brigida Vicinanza e Ettore Mautone
Giovedì 11 Gennaio 2024, 23:47 - Ultimo agg. 13 Gennaio, 07:28
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Occhi che conoscono il mondo da appena tre mesi ma che stanno già affrontando la battaglia tra la vita e la morte e un corpicino che porta il fardello di una storia familiare complicata, fatta di disagi e tossicodipendenza. È ancora ricoverato al Santobono di Napoli, in prognosi riservata, in gravissime condizioni per una meningite batterica, il neonato che martedì era arrivato al Ruggi di Salerno e le cui analisi effettuate in un primo momento avevano riscontrato la presenza di cocaina all’interno delle urine. Ora la Procura di Salerno vuole vederci chiaro.

Un secondo test poi dall’esito negativo, esaminato al Cardarelli, ha fatto propendere per una terza e più approfondita verifica (attraverso un campione ematico per indagine a elevata sensibilità inviato ai laboratori del policlinico universitario Vanvitelli) che darà un responso più chiaro oggi.

Riavvolgendo il nastro della vicenda si arriva proprio a martedì e alla corsa in ospedale: il neonato presentava febbre e nonostante la temperatura non molto alta, il suo “atteggiamento” era risultato “soporifero” con un aspetto rigido e molto pallido in viso. I medici hanno immediatamente pensato a un’infezione del sangue: quest’ultima, infatti, è stata riscontrata dopo gli accertamenti effettuati attraverso una tac. Il bimbo aveva una sepsi in corso riconducibile a una meningite.

Dopo le verifiche sulla cartella clinica del neonato - venuto alla luce proprio all’ospedale di Salerno - i sanitari hanno appurato che la madre era una tossicodipendente: da qui gli ulteriori accertamenti sulle urine che hanno dato la positività alla cocaina. Ma l’opportunità di più specifiche cure con gli antibiotici e la necessità della cosiddetta “puntura lombare” hanno fatto poi propendere per la richiesta di trasferimento – tramite elisoccorso – presso l’ospedale pediatrico del capoluogo partenopeo.

Una storia di disagio su cui in queste ore indagano gli agenti della polizia e la Procura di Salerno che ha aperto un fascicolo. Da subito le condizioni della madre salernitana e i suoi problemi di tossicodipendenza hanno fatto suonare il campanello d’allarme tra i medici: la donna era già conosciuta per le problematiche e le condizioni di disagio in cui viveva. Una vicenda avvolta nel mistero su cui gli inquirenti mantengono, per ora, massimo riserbo anche perché, a quanto pare, la donna non allattava il figlioletto - come si era pensato inizialmente - circostanza che ha dunque portato a escludere il passaggio della sostanza tossica nel corpo del neonato attraverso il latte materno. Un passato complicato e – a quanto si è appreso – un presente non proprio roseo tra problemi di tossicodipendenza e relazioni complicate: una famiglia problematica che vive tra grandi difficoltà e disagi, quattro figli, da ieri tutti (compreso il neonato ricoverato) presi in carico dai servizi sociali del Comune di Salerno e già seguiti attentamente proprio dagli operatori dell’ente. Poi, nuovamente, il buio su cui gli agenti della questura di Salerno vogliono fare luce: tanti i dubbi soprattutto sull’ambiente in cui ha vissuto il piccolo nei primi tre mesi di vita e anche sul trattamento riservatogli in famiglia. 

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Priorità assoluta però sono al momento le condizioni di salute del neonato (che non risulterebbe coperto dalle vaccinazioni obbligatorie neonatali): soltanto dopo, presumibilmente, si potrà risalire alle responsabilità della madre e potranno essere intraprese eventuali azioni giudiziarie nei suoi confronti. A destare preoccupazione sono proprio le condizioni (definite disperate) del bambino: i medici dell’ospedale partenopeo, infatti, in queste ore sono impegnati per tentare un vero e proprio miracolo dopo l’arrivo del piccolo in codice rosso, data la gravità del quadro clinico riscontrata al momento del trasferimento. Prima è stato infatti intubato e ricoverato in terapia intensiva pediatrica, poi la ripetizione dei test tossicologici, ulteriori accertamenti neuroradiologici e ancora il trasferimento nella sala operatoria di neurochirurgia (per un prelievo di liquido cefalorachidiano) e la diagnosi di meningite batterica. Sono ore cruciali, in reparto si prega e si incrociano le dita.

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