Napoli, il caso Botti: dal premio mondiale alla perquisizione per falso

Napoli, il caso Botti: dal premio mondiale alla perquisizione per falso
di Leandro Del Gaudio
Mercoledì 30 Dicembre 2020, 05:02 - Ultimo agg. 11:25
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Nel giro di pochi giorni, neanche una settimana, ha visto il mondo andare sottosopra almeno due volte: prima la perquisizione dei carabinieri, poi un riconoscimento internazionale, per la sua attività di ricercatore. Giorni intensi per Gerardo Botti, direttore scientifico del Pascale, fresco di una onorificenza di quelle che si aspettano per una vita: assieme ad altri otto ricercatori napoletani e campani, è stato inserito nella lista dei cinquecento luminari più influenti al mondo.

Un vanto che arriva a distanza di pochi giorni di una vicenda decisamente più terrena: lo scorso 22 dicembre, Gerardo Botti è stato oggetto di perquisizione dai carabinieri che indagano nel corso di un'inchiesta che ha visto coinvolto il primario del Pascale Raffaele Tortoriello (a sua volta accusato di aver spostato pazienti oncologici dal Pascale a una clinica privata).

Verifiche in corso, Botti risponde al momento di un'ipotesi di falso, a proposito di una delle pazienti che sarebbe stata trasferita dal pubblico al privato. Posizione angolare rispetto al fulcro delle indagini, che ha reso comunque necessario compiere delle verifiche. Spiega a Il Mattino Gerardo Botti: «Hanno fatto benissimo a condurre questa perquisizione. È giusto che venga usato ogni strumento per eliminare ogni ombra di sospetto. So di essere estraneo a queste ipotesi e per dimostrarlo ho anche indicato ai carabinieri le carte che era opportuno acquisire, in modo da fornire tutti gli elementi decisivi a una valutazione del mio ruolo, ma anche delle ipotesi di reato condotte».


Inchiesta coordinata dal pm Henry John Woodcock e dal procuratore aggiunto Giuseppe Lucantonio, siamo allo snodo decisivo. Assistito dall'avvocato Luigi Piacenti, Gerardo Botti spiega: «Provo grande dispiacere pensare che qualcuno si possa servire del mio nome per pilotare azioni ignobili, che vanno contro i principi della mia vita di medico e studioso. So che chi conduce le indagini è una persona seria e determinata, saprà andare fino in fondo anche in questa vicenda». E a proposito dell'altalena che gli è toccato vivere in questi giorni, tra riconoscimenti internazionali e perquisizioni dei carabinieri, si limita ad accennare una battuta: «Certo, più in alto si arriva, più si è esposti... ma mi fermo qui e mi limito a ricordare i numeri che premiano il lavoro svolto finora al Pascale».


BLITZ AL VOMERO
Ma Gerardo Botti non è l'unico finito al centro di indagini, perquisizioni e verifiche. Pochi giorni prima di Natale, c'è stato un blitz che ha riguardato anche lo stesso Raffaele Tortoriello. Qual è il punto? Nei suoi confronti, c'è il sospetto che abbia potuto inquinare le prove, magari condizionando la versione di due testimoni. Come è noto, il professionista deve difendersi in due procedimenti penali: da un lato l'accusa di aver molestato due pazienti oncologiche; dall'altro, invece, l'accusa di concussione, per aver traghettato in una clinica privata alcuni pazienti dell'ospedale Pascale, presso il quale operava. Due accuse - premessa doverosa - rispetto alle quali il medico è pronto a dare battaglia, a difendersi fino in fondo, pur di tutelare la propria integrità professionale. Assistito dai penalisti Antonio Abet e Ugo Raia, il professionista ha messo in moto indagini difensive finalizzate a ribaltare le accuse e dimostrare la propria estraneità ai fatti. Ma è proprio durante questa ricostruzione difensiva, che il medico finisce al centro di una nuova attività istruttoria. Sabato 19 dicembre, nove di sera, in una tranquilla abitazione del Vomero. Niente clacson o frenesia festiva, causa regime arancione, non passa inosservato il blitz delle forze di polizia giudiziaria a casa del professionista. Un sopralluogo che va avanti per almeno tre ore, fino alla mezzanotte, e che si conclude con il sequestro una serie di supporti informatici. Tra questi, anche cellulari e computer di moglie e figlia del professionista (che vanno ritenuti estranei alle accuse ipotizzate a carico di Tortoriello). Perché un blitz tanto invasivo? Tortiello avrebbe messo in piedi una sistematica attività di inquinamento probatorio, incontrando le persone informate dei fatti, oltre a chiedere informazioni «a soggetti intranei allo Stato». Diversa la posizione dei difensori di Tortoriello, che chiedono il dissequestro di cellulari e computer e che ricordano la trasparenza di indagini difensive che consentono di ascoltare persone indicate come testi della difesa.

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