Napoli, la camorra al cinema:
«I film per ripulire i soldi»

Napoli, la camorra al cinema: «I film per ripulire i soldi»
di Leandro Del Gaudio
Venerdì 18 Marzo 2022, 07:38 - Ultimo agg. 08:40
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Non sapeva di essere intercettato, quando - ad alta voce - spiegava in questo modo la sua capacità di fare soldi, attraverso una serie di maneggi fiscali: «Il cinema? Giustifica... nel senso che è uno strumento che giustifica... perché un film può costare 200mila euro, ma può costare anche 50 milioni...». Parola di Daniele Muscariello, romano di 45 anni, patron della Henea Production, produttore cinematografico che vanta buoni rapporti con il ministero (in vista dei finanziamenti per i film da produrre), nelle banche (dove non scattano mai segnalazioni per operazioni sospette), nel mondo delle imprese (c'è un'azienda che acquista - almeno sulla carta - pubblicità per un milione di euro), ma anche con la camorra, quella che fa capo al clan D'Amico di San Giovanni a Teduccio. Sono questi i punti cardinali dell'inchiesta romana per associazione cmorristica e riciclaggio. Secondo la ricostruzione di Piazzale Clodio, quelli del clan D'Amico riciclavano soldi sporchi grazie alle attività del produttore Muscariello, che avrebbe ripulito soldi sospetti tramite un'azienda vinicola (contratti da un milione di euro come sponsorizzazione di un film) e attraverso buoni uffici del ministero per finanziare «la copertura dei film». Ma non è l'unico servizio che vede coinvolto Muscariello nelle attività dei D'Amico, a leggere la misura cautelare del gip Simona Calegari: il produttore - si legge - avrebbe svolto anche un ruolo nel consentire al clan di recuperare crediti vantati presso altre aziende, in altre vicende imprenditoriali. Ma andiamo con ordine, a ripercorrere la storia delle mani del clan sul cinema italiano.

Due i lavori su cui carabinieri e guardia di finanza cercano di fare chiarezza. Si tratta dei film dal nome provvisorio All'alba perderò e L'amore rende belli, su cui è doverosa una premessa: si tratta di opere e lavori indiscutibili sotto il profilo estetico, i cui autori sono ovviamente estranei ai profili di indagine battuti in queste ore dalla Procura di Roma.

In totale sono 9 le persone arrestate: oltre a Muscariello, Luigi e Salvatore Varlese, Giovanni Sanges (napoletani e ritenuti legati alle cosche di rione Villa); Michele Olivieri e Catello Pontone: rispettivamente poliziotto e carabiniere, che si sarebbero prestati a trasportare soldi sull'asse Roma-Napoli, oltre a mettersi nella disponibilità dello stesso Muscariello; Sergio Gallo, altro soggetto ritenuto legato ad ambienti vesuviani a rischio; Gennaro Gaglione, romano di nascita, a stretto contatto con lo stesso Muscariello. Tutti i soggetti coinvolti in questa indagine vanno ritenuti estranei alle accuse, fino a una eventuale sentenza di condanna definitiva e avranno modo di dimostrare la correttezza della propria condotta nel corso del prosieguo delle indagini.
Oltre agli arresti messi a segno dal reparto operativo dei carabinieri di via In Selci, è toccato ai finanzieri del nucleo di polizia economico e finanziaria della Finanza sequestrare oltre 1 milione e 500 mila euro. Riciclaggio in concorso con l'aggravante dell'agevolazione mafiosa e emissione ed utilizzazione di fatture per operazioni inesistenti. Siamo al secondo step di un filone che il 18 gennaio scorso ha portato all'esecuzione di misure cautelari nei confronti di soggetti accusati di avere costituito due sodalizi dediti al narcotraffico e capeggiati da Elvis Demce e Ermal Arapaj. Dagli ulteriori accertamenti sono emersi i rapporti dei due con Muscariello in riferimento ad una vicenda legata ad un tentativo di sequestro, poi non andato a buon fine, di un imprenditore di Velletri che aveva accumulato un debito nei confronti del clan camorristico D'Amico-Mazzarella, operante nella zona di San Giovanni a Teduccio a Napoli.

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Un argomento, quest'ultimo che merita un capitolo a parte. Stando alle intercettazioni, alcune ditte D'Amico-Mazzarella avevano vinto appalti per la ricostruzione dell'Aquila, dopo il sisma del 2009, consentendo l'ingresso nella catena dei subappalti di un'azienda di Velletri. Un'azienda che non avrebbe onorato gli accordi con i camorristi, facendo scattare una sorta di vendetta: uno dei tre fratelli imprenditori di Velletri doveva essere sequestrato, condotto a Napoli, per poi essere rilasciato dietro il versamento di una tangente di 900mila euro. Un piano saltato, su cui - è logico pensare - sono in corso le indagini. Ma torniamo alla storia del cinema e delle fatturazioni sospette. Durante le indagini sono state documentate movimentazioni bancarie per operazioni di riciclaggio di 1 milione e 250 mila euro. E per ripulire i soldi, il clan si affidava anche a un'azienda vitivinicola: «Abbiamo relazioni importanti - diceva intercettato Muscariello - sono 4 volte che mi arrestano ma poi torno a casa. Mi arrestano e ventuno giorni dopo, rieccomi a casa a fare soldi, perché ce l'ho nel Dna».
 

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