Camorra, spunta il racket anche sui rapinarolex: «tassa» imposta dai boss

Sempre più organizzate le bande di rapinatori

In aumento i rapinarolex
In aumento i rapinarolex
di Luigi Sabino
Mercoledì 23 Agosto 2023, 23:09 - Ultimo agg. 24 Agosto, 16:49
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Il racket è ancora una delle principali fonti di guadagno per le organizzazioni camorristiche. Taglieggiare imprenditori e commercianti dietro la minaccia, esplicita o semplicemente velata, di violente ritorsioni è un fenomeno largamente diffuso non solo nella città di Napoli ma anche nella sua provincia. Per questo le forze dell’ordine, già da diversi anni, hanno messo in campo uomini e risorse nel tentativo di arginare quella che è una vera e propria piaga. I risultati, legati ai controlli del territorio e alle campagne di sensibilizzazione, alla fine sono arrivati, con un aumento delle denunce da parte delle vittime.

Eppure, nonostante gli investigatori abbiano più volte sottolineato quanto sia importante il contributo dei cittadini per contrastare il racket c’è un gran numero di vittime che si trova nell’impossibilità di denunciare. Il motivo è semplice. Anche le loro attività, le stesse prese di mira dalle richieste di pizzo della camorra, operano al di fuori della legalità. Un piccolo esercito di criminali, dedito alle più svariate attività illecite, che, per il solo fatto di operare in un territorio controllato da questa o quella cosca, è costretto a pagare al boss di turno un obolo affinché gli sia consentito poter continuare a delinquere in tranquillità. 

Tra le fila di questo nutrito numero di vittime, giocoforza omertose, ci sono anche i cosiddetti “rapinarolex”, gli specialisti del furto con strappo di orologi dal valore di migliaia di euro. Secondo alcune fonti investigative sono tra i più tartassati dal “sistema” in quanto in grado di incassare, con pochi colpi ben mirati, notevoli somme di denaro. Somme su cui, inevitabilmente, i boss vogliono mettere le mani. Per comprendere meglio l’entità di questo particolare fenomeno estorsivo è necessario, però, capire come, nel corso degli ultimi anni, la sottrazione forzata dei preziosi monili si sia evoluta affermandosi come un’attività ben organizzata.

Se fino a qualche tempo fa i predatori operavano esclusivamente tra i vicoli del centro, prendendo di mira incauti cittadini o turisti, adesso il furto di orologi di valore ha assunto dimensioni allarmanti.

I predatori si sono strutturati. Le indagini dei carabinieri e della polizia hanno, infatti, portato alla luce l’esistenza di sodalizi dediti, esclusivamente, a questo particolare tipo di reato. Non solo. Non si tratta di semplici gruppi di rapinatori ma, in alcuni casi, di strutture criminali in grado di operare anche al di fuori dei confini regionali.

Alcune inchieste, ad esempio, hanno portato alla cattura di appartenenti a gruppi di rapinarolex, originari dei quartieri del centro città, che operavano nelle più rinomate località balneari della Spagna e che, dopo aver depredato le vittime, facevano tranquillamente ritorno a Napoli. Un business estremamente ricco su cui, come spesso accade, la camorra vuole mettere le mani. I capi delle “batterie”, come in gergo sono chiamati i gruppi di rapinatori, sono convocati al cospetto del boss che, senza tanti giri di parole, impone il pagamento del pizzo. In molti non possono fare altro che accettare, versando nelle casse della cosca una percentuale sui guadagni. Non tutti, però, chinano la testa. 

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C’è chi si oppone a questa forma di vessazione e decide di trasferirsi in altre regioni, come il Veneto e la Toscana. Da qui, spiegano gli investigatori, continuano a progettare e mettere a segno colpi non solo nelle città del Nord Italia ma anche all’estero. Una fuga che, tuttavia, non è perdonata dal “sistema” che, anzi, impone il divieto assoluto di far ritorno nel capoluogo campano a chi si è rifiutato di sottostare alle sue imposizioni. Un destino, quello di subire le pressioni del “sistema” senza potersi rivolgere allo Stato, che accomuna anche altri operatori del crimine. Basti pensare ai gestori delle piazze di spaccio di Forcella o della Sanità che, non solo sono obbligati a pagare al ras di zona, una somma mensile per poter vendere droga nella sua zona ma che sono, in molti casi, anche obbligati a rifornirsi dai canali di approvvigionamento imposti dal clan. Un doppio “pizzo” insomma.

Nel mirino ci sono anche gli usurai, i venditori di soldi come sono chiamati in gergo. Verso di loro la camorra sembra accanirsi per due motivi. Innanzitutto perché chi commette questo particolare tipo di reato è in grado di maneggiare piccole fortune, tra contanti e beni di varia natura. In secondo luogo, e forse questo è il motivo principale, perché gli strozzini molto spesso sono in concorrenza con la stessa camorra che proprio nell’usura investe, come confermato da decine di inchieste, una parte consistente dei proventi incamerati con i traffici illeciti. Non c’è da stupirsi. D’altronde è storia nota che, sin dalla sua origine, come scrisse Monnier, «voleva ottenere oro anche dai pidocchi».

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