Centri estetici al collasso, ricorso al Tar per riaprire

Centri estetici al collasso, ricorso al Tar per riaprire
di Giuliana Covella
Venerdì 29 Gennaio 2021, 15:42
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Una donna (come tantissimi colleghi) dietro il banco incrocia le braccia in segno di protesta silenziosa contro la chiusura di una categoria del commercio, quella dei centri estetici, che sta morendo di una lenta agonia a causa del Covid. A farla morire sono i vincoli del Dpcm dello scorso 14 gennaio, che vieta di rimanere aperti ai centri estetici di tutta Italia, alla luce dell’emergenza sanitaria mondiale. Un provvedimento che ha fatto mobilitare titolari, gestori e tutti coloro che rappresentano l’indotto che ruota intorno al settore. Come? Attraverso un ricorso presentato da Confestetica al Tar del Lazio, come spiega Arturo Bianco, delegato per la Campania: «Abbiamo presentato ricorso presso l’Avvocatura distrettuale dello Stato contro la presidenza del Consiglio dei ministri e il ministero della salute per quella che riteniamo sia una discriminazione per i centri estetici - spiega - rispetto a chi ha proseguito  l’attività come parrucchieri e barbieri. La risposta del Tar dovrebbe arrivare tra 7 giorni. Intanto noi lottiamo contro i danni dovuti alla chiusura sin dallo scorso marzo e un fatturato pari quasi a zero, dato che per i ristori ad alcuni sono arrivati una tantum cifre intorno ai 2mila euro. Come si fa ad andare avanti così?».

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In Italia infatti i numeri sono allarmanti: 21mila gli associati di Confestetica su un totale di 35mila centri a livello nazionale, con un calo dell’80%-90%, dato che i centri dedicati alla cura e alla bellezza della persona hanno abbassato le serrande oramai un anno fa, con qualche timida riapertura a singhiozzo dopo il primo lockdown. «A essere penalizzati - rimarca Bianco - non sono solo i gestori dei centri, ma anche gli agenti di commercio, i consulenti, i fornitori, le aziende di cosmesi e tutti quei soggetti che costituiscono l’indotto».

A sostenere la battaglia dei centri estetici è il consigliere comunale Armando Coppola: «Il Dpcm in questione ha messo in ginocchio questa categoria, perché trovo assurdo siano chiusi i centri di estetica rispetto a parrucchieri e barbieri.

Per semplificare: come può essere un rischio igienico-sanitario per la diffusione del virus una ceretta per le donne piuttosto che una barba per gli uomini? Qual è il criterio per la scelta delle attività commerciali a cui applicare le restrizioni? Mi auguro si intervenga a sostegno di una categoria che si sta letteralmente affossando a Napoli e in Campania, come nel resto del Paese».

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