Chiaiano, gestione opaca della discarica: blitz della Dia, sequestrati 44 milioni

Verifica della Procura sulle società riconducibili ad Antonio D'Amico

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Leandro Del Gaudiodi Leandro Del Gaudio
Martedì 23 Gennaio 2024, 23:56 - Ultimo agg. 25 Gennaio, 07:21
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I suoi rapporti stretti con i fratelli Carandente Tartaglia, i legami con esponenti dei clan Mallardo e Zagaria, le dichiarazioni dei collaboratori di giustizia e l'emergenza rifiuti. C'è tutto questo tra i motivi che hanno spinto Procura di Napoli e Dia a chiedere il sequestro dell'impero di Antonio D'Amico, 78enne imprenditore con interessi nel settore rifiuti, trasporti ed edilizia. Un patrimonio da 55 milioni di euro, tra le quattro società di famiglia e i conti correnti, finito sotto sigilli ieri mattina, in esecuzione di un provvedimento richiesto a chiusura di indagini patrimoniali della Direzione Investigativa Antimafia di Napoli, guidata dal capocentro Claudio De Salvo, ed emesso dal tribunale di Santa Maria Capua Vetere. Una possibile svolta rispetto alla quale si attende la replica dei difensori dei vertici del gruppo raggiunto dal provvedimento di sequestro, in uno scenario in cui conviene partire da una premessa: nel corso delle indagini condotte lo scorso decennio, non sono emerse condanne nei confronti dei manager che hanno operato tra Chiaiano e la zona del casertano e che sono finiti al centro del provvedimento. Ma entriamo nel merito delle motivazioni che hanno spinto la Procura a chiedere e ottenere l’esecuzione del sequestro.

La realizzazione della discarica di Chiaiano durante l'emergenza rifiuti sarebbe una delle contestazioni principali mosse a D'Amico, che avrebbe garantito il subappalto anche per la gestione alle ditte di Giuseppe Carandente Tartaglia, condannato nel 2021 a 7 anni di reclusione per concorso esterno alla camorra, ritenuto «esponente imprenditoriale di rilievo del clan Zagaria, consentendo al gruppo camorristico il conseguimento di ingenti profitti ed il rafforzamento del proprio controllo criminale nello strategico settore della gestione dei rifiuti in Campania». Conosciuto come «don Antonio della Ibi» dai collaboratori di giustizia Gaetano Vassallo e Giuliano Pirozzi, per i suoi rapporti con le famiglie di camorra Mallardo e Zagaria, D'Amico sarebbe stato «aggiudicatario di tutti i grossi appalti per la realizzazione e gestione delle discariche nella regione Campania e soprattutto del Napoletano». 

Su Chiaiano in particolare, sarebbe stata «creata una vera e propria discarica abusiva», gestendo, nel tempo, «un ingente traffico di rifiuti generato da qualsiasi lavoro ottenuto in appalto dall'impresa dei Carandente Tartaglia», permettendo loro «guadagni e profitti illeciti, riuscendo anche ad eludere qualsiasi norma fiscale, gestendo la documentazione di trasporto in maniera del tutto illecita, in modo da poter evadere sistematicamente le dovute imposte sul valore aggiunto». A D'Amico è contestato anche l'acquisto di terreni e cave da destinare a discariche o siti di stoccaggio di ecoballe per favorire interessi opachi. Una ricostruzione che sarebbe da ricondurre all’emergenza rifiuti. 

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Una realtà rispetto alla quale si è a lungo indagato, anche sulla scorta di quanto avvenuto in materia di ordine pubblico.

Ricordate cosa accadde, quando si paventò l’ipotesi di aprire la discarica di Chiaiano in piena emergenza rifiuti? Ci furono tafferugli e atti vandalici, a margine di una mobilitazione popolare assolutamente civile, che fecero comprendere la presenza di interessi opachi, dando la stura alle indagini.

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