Clan Polverino, sequestrati beni per 10 milioni nel Napoletano: c'è anche una scuola

Clan Polverino, sequestrati beni per 10 milioni nel Napoletano: c'è anche una scuola
Venerdì 5 Giugno 2020, 09:35 - Ultimo agg. 10:44
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Nella mattinata odierna, il Nucleo Investigativo del Comando Provinciale dei Carabinieri di Napoli ha eseguito un Decreto di sequestro, emesso, su richiesta della Procura della Repubblica di Napoli – Direzione Distrettuale Antimafia, dal Tribunale di Napoli – Sezione per l’applicazione delle misure di prevenzione, di una serie di immobili ubicati a Marano: due ville da dodici vani complessivi, due garages ed un magazzino-deposito alla via Marano Quarto, sei locali commerciali ubicati alla via San Rocco, un magazzino deposito ubicato alla via della Recca, tre appezzamenti di terreno delle dimensioni complessive di mq 39.220, un immobile adibito a scuola alla via Caracciolo. 

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Il provvedimento ablatorio è stato eseguito nei confronti dei proprietari degli immobili, Antonio Simeoli, Luigi Simeoli e Benedetto Simeoli, rispettivamente padre e figli, già destinatari nel 2013 di ordinanza di misura cautelare perché ritenuti responsabili per i reati di partecipazione ad associazione camorristica denominata clan Polverino, falsità ideologica in concorso, abuso di ufficio e trasferimento fraudolento di valori; condotte per le quali riportavano condanne irrevocabili. 

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Il provvedimento scaturisce dalle risultanze acquisite all’esito di una complessa attività investigativa, coordinata dalla Dda di Napoli, che hanno permesso di individuare Antonio Simeoli, e per suo tramite Luigi e Benedetto Simeoli, dall’inizio degli anni '90 e sino al 2009 allorquando il sodalizio si interrompeva per divergenze di natura economica, tra gli imprenditori di maggior rilievo del clan Polverino. A seguito di un vero e proprio patto societario occulto, il capo del clan, Giuseppe Polverino, finanziava le imprese dei Simeoli e partecipava al 50% dei relativi introiti, costituendo il reimpiego degli ingenti profitti delle attività criminali (soprattutto di quelli conseguenti all’importazione di stupefacenti) nelle loro iniziative imprenditoriali. Il reimpiego era funzionale non soltanto al personale arricchimento del capo clan ma anche ad alimentare l’ulteriore capitalizzazione dei traffici di droga ed a finanziare le attività illecite del gruppo criminale nelle cui casse venivano versate, a titolo di contributo, somme fisse per ciascun appartamento costruito e tale denaro veniva poi impiegato per il pagamento degli stipendi e per sostenere le spese dell’organizzazione criminale. 

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Le medesime acquisizioni investigative, intercettazioni ed approfonditi accertamenti patrimoniali, corroborate dalle dichiarazioni precise e concordanti dei collaboratori di giustizia, si estendevano anche ai beni di proprietà della società Garden City Cooperativa Edilizia S.p.a., la quale risultava di fatto gestita anch’essa dai Simeoli. Per quanto sopra è stato disposto il sequestro dei citati immobili del valore complessivo di circa 10 milioni di euro.

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