Cocaina, armi e gioielli, ecco il clan dei cambisti: «Affari in mezzo mondo»

Parla la mente finanziaria dei narcos: «Così reinvestiamo il denaro sporco»

La cattura di Raffaele Imperiale
La cattura di Raffaele Imperiale
Leandro Del Gaudiodi Leandro Del Gaudio
Martedì 26 Dicembre 2023, 23:00 - Ultimo agg. 28 Dicembre, 09:40
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Li chiamano cambisti e sono la nuova frontiera del crimine organizzato. Sono un po’ dappertutto - Svizzera, Dubai, Venezia, Napoli e in altri posti ancora - e hanno asset differenti: si occupano di oro, di armi, di gioielli, di cocaina, con una sola missione, quella di mettere a frutto i soldi. Già, i soldi. Per anni, la principale attività di Raffaele Imperiale è stata quella di ricollocare in circuiti sicuri i proventi della droga. Ed è proprio tramite questa attività che si scopre una frontiera inedita del crimine organizzato declinato su scala planetaria: quella dei cambisti, di gente esperta di finanza, capace di lucrare sulle transazioni internazionali.

Una frontiera tracciata dal pm Maurizio De Marco, magistrato che sta indagando sulle fortune di Raffaele Imperiale (il broker del narcotraffico, che custodiva due quadri di Van Gogh trafugati nel 2002), assieme ai colleghi Giuliano Caputo, Lucio Giugliano e Vincenza Marra. Agli atti spuntano i nomi di commercialisti e uomini di affari che, in giro per il mondo, hanno messo a frutto i proventi della droga. In che modo? Investendo in oro e smaterializzando i quattrini in codici di bitcoin.

Ma seguiamo il ragionamento messo agli atti dai pm, alla luce di interrogatori di pentiti, intercettazioni, riscontri bancari.

Spiega Raffaele Mauriello (invischiato in una vicenda di omicidio, figlio di un boss scissionista): «Il denaro veniva stoccato presso gli appoggi, a volte veniva consegnato anche da me, sempre su indicazione di Ursini (altro collaboratore di Imperiale), ai “cambisti”. Un primo gruppo di cambisti era costituito da soggetti turchi; poi c’era il gruppo di “cambisti” gestito da Mattia Anastasio, detto Bello, e Ciro Arianna, e da due fratelli chiamati con il nickname di Zazzà». E non solo. A leggere la memoria dei pm, viene confermato il ruolo di Corrado Genovese, commercialista romano bloccato lo scorso marzo a Ciampino. È lui a confermare il suo ruolo accanto a Imperiale tra il 2020 e il 2021, al punto tale da consegnare alla Guardia di Finanza i codici per la materializzazione dei bitcoin: una operazione “garantita”, in quanto avvenuta in presenza di un giudice e degli avvocati, che ha consentito di riversare nelle casse della giustizia napoletana un milione e settecentomila euro. Ma sentiamo l’interrogatorio di Genovese.

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«Dal 2018 ho lavorato, a Dubai, come direttore generale delle aziende di Ciro Arianna. Aveva un’azienda con cui importava a Dubai caffè, pasta d altri prodotti italiani». Poi partecipazioni societarie in ristoranti e un’attenta opera di «ribrandizzazione» di prodotti italiani da vendere negli Emirati, fino agli arresti ai domiciliari di Arianna per questioni legate al contrabbando. È il momento in cui Genovese inizia a lavorare con Imperiale. Fu tale Leopoldo a mettere in contatto il commercialista romano con Imperiale, fino a quel momento noto com lo Zio. Prima contatti via encrochat, una particolare piattaforma per conversazioni in modo criptato, poi l’incontro de visu. Spiega Genovese ai pm di Napoli: «Ho una formazione economica, sono un economista. Sono andato via di casa presto, ho lavorato in Svizzera, nel mondo dell’oro (trading fisico di oro), poi sono stato in Ghana, nel 2013 per un anno e mezzo, dove ho aperto una mia azienda di oro, diventando socio di una miniera con un ragazzo ghanese. Poi andai in Libano, dal 2014 poi mi sono trasferito a Dubai, con 500mila dollari (frutto del lavoro per la miniera). Qui ho aperto pizzerie, una a Dubai marina, l’altra a Jumeera Village Circle. Ad aprile del 2020 vidi per la prima volta Imperiale. Ci accordammo per lavorare insieme, si trattava di un lavoro di contabilità e di un lavoro di cambisti».

Da qui in poi una vita al top, tra i grattacieli emiratini: «Imperiale mi invitò nella sua villa in Jumeirah Golf Estate, ci conoscemmo di persona e pianifammo il lavoro di cambisti. Imperiale mi offrì il 5 per cento dei guadagni del lavoro di cambista, oltre ad un fisso di 25mila dirham al ms (5/6mila euro). Imperiale si trasferì in una nuova abitazione, ad Emirates Hills, dove verrà poi arrestato. Con lui mi vedevo tutti i giorni, dalle 8 all 15. Mi resi conto che per far girare tutti quei soldi doveva fare qualcosa di illecito, anche se si muoveva sempre alla luce del sole. Quando arrivava nei ristoranti, tutti lo conoscevano e lo ossequiavano. All’inizio, quando affrontava alcuni discorsi in famiglia, venivo allontanato, poi alla fine, quando ero diventato “di famiglia” parlavano di “carichi che dovevano cadere” e “carichi che dovevano passare”. E lo facevano tranquillamente». Ancora qualche cenno da parte del commercialista: «Quando Imperiale fu arrestato, la cassa del nostro gruppo era di circa 8 milioni di euro, cioé avevo accesso a circa 8 milioni di euro di liquidità». Preso Imperiale, Genovese continua gli affari con il suo braccio destro Bruno Carbone, che verrà stanato in Siria dopo una prigionia nelle mani dei terroristi e una conversione all’Islam inizialmente strumentale a salvarsi la vita. 

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