Covid a Napoli, la città by night getta la spugna tra ristoranti vuoti e vicoli al buio

Covid a Napoli, la città by night getta la spugna tra ristoranti vuoti e vicoli al buio
di Antonio Menna
Venerdì 9 Ottobre 2020, 12:00 - Ultimo agg. 12:04
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Sono tutte spente le luci della Napoli by night. Le ultime ordinanze regionali per contenere il contagio hanno colpito duro e nelle sere napoletane pub, chioschi, baretti, pizzerie e ristoranti hanno l'aria mesta del lockdown. Serrande abbassate, tavoli ammucchiati, camerieri con le braccia conserte. È scesa la malinconia sulla mappa del divertimento. Non bastava la grande fuga dei turisti, ci voleva questo nuovo coprifuoco - questa lotta astemia e dietetica a un virus che nelle notti di stravizi alimentari e alcolici evidentemente moltiplica la sua forza - a gettare acqua sulla speranza e benzina sulla paura di un settore che paga il prezzo più alto. I primi a chiudere, gli ultimi a ripartire. 

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Già alle ventidue, le strade napoletane di quella che (solo i cinquantenni) chiamano movida sono battute dalla desolazione.

Il tour parte da Mergellina. Anche in un giovedì sera qualunque, le luci di dubbio gusto di paninari da strada insieme a quelle più curate degli chalet (alcuni rinnovati di recente) tenevano banco proprio nel dopocena. Si accendevano alle 23 e si spegnevano alle tre del mattino, distribuendo caffè, cicchetti, cornetti, dolci, a ritardare la notte fino a ritrovare il giorno, in quella voglia di non andare a dormire mai. Ragazzi, soprattutto, coppie, gruppi di amici. Giovani e giovanissimi, che con tutte le controindicazioni del caso (rumore, sregolatezza, eccessi) profumavano comunque di vita. Ieri sera, la mestizia. La chiusura fissata alle 23 si annuncia da subito: pochissima gente ai tavoli, nemmeno un'auto in doppia fila. Qualche avventore più attempato ai tavolini dei bar. Ma le vetrine sono vuote, le sedie già impilate. «Noi cominciavamo a lavorare di più proprio quando adesso dobbiamo chiudere dice sconsolato il cameriere di uno chalet -. Qui prima delle undici di sera passa solo qualcuno per un caffè o un aperitivo». 

 

La stessa desolante realtà si trova un paio di chilometri più avanti, entrando dalla Riviera di Chiaia, nella zona dei baretti: Via Bisignano, Via Cavallerizza, Vicoletto Belledonne. Questo è il cuore storico del dopocena napoletano. Qui si riversavano migliaia di ragazzi, a volte anche con situazioni estreme di tensione di strada. Ma sono decine i locali aperti negli ultimi quindici anni, molti dei quali hanno provato a fare una impresa sana in un segmento di mercato del divertimento che esiste in tutto il mondo. Bere qualcosa, stare insieme, ascoltare musica o guardare una partita, tirare tardi. Nel week end, innanzitutto (It's friday, friday...) ma anche, quando si può, nella settimana. «Se noi restiamo aperti diamo qualche garanzia in più dice il cameriere di uno dei locali di via Bisignano -, possiamo vigilare, organizzare. Meglio un vicolo illuminato che un vicolo buio. Se chiudiamo alle 23, i ragazzi tornano a casa? Oppure stanno comunque per strada in modo più disordinato?». Non si capisce, in effetti, dove finiscano i giovani in questo lockdown anticipato che mira come un cecchino alle loro abitudini. In ogni caso, il coprifuoco funziona: le strade dei baretti sono deserte. Regge il rito dell'aperitivo pomeridiano ma è black out per il bicchiere della sera. Qualcuno ha provato ad anticipare l'apertura, a costruire qualche evento pre-serale, ma la chiusura alle 23 significa, per molti, non aprire affatto. Stesse scene in un'altra contestatissima terrazza naturale del by-night: Via Aniello Falcone. Respirano i residenti ma non demordono i ragazzi. Resiste una piccola fila di giovani appollaiati sui muretti. Non bevono ma fumano. Mica hanno vietato anche il fumo? Il Vomero, invece, soffre meno. Quartiere storico dei pub, la chiusura anticipata alle 23 fa qualche danno. Ma si regge. 

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Pochi danni dal coprifuoco, ma molti dall'emorragia dei turisti, anche nella Grande via dei fritti, cioè via Toledo. Qui i baretti della notte erano pochi. In un paio si radunavano i giovani per il rito del cornetto, che adesso è praticamente vietato. Ma il dopocena era già altrove. Per esempio nella zona di Port'Alba e piazza Bellini. I tanti tavoli all'aperto dei bar cominciano a sparire già dalle ventidue. «La gente sa della chiusura anticipata e non viene proprio», dice amareggiata Chiara, di uno dei caffè della piazza. La sensazione tra i gestori è che si potevano trovare altre soluzioni: tavoli distanti, gruppi controllati, e più vigilanza per gli assembramenti esterni. «Non era meglio che ci fossimo anche noi a organizzare il distanziamento, continuando a lavorare? Sarà così in tutta Italia tranne che qui». La Napoli della notte con le luci spente scontenta tutti e, forse, non raggiunge neppure il risultato.

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