Coronavirus a Napoli, mancano posti letto: un padiglione Covid al Policlinico

Coronavirus a Napoli, mancano posti letto: un padiglione Covid al Policlinico
di Ettore Mautone
Giovedì 15 Ottobre 2020, 09:00 - Ultimo agg. 18:30
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La partita, per aprire i padiglioni dei policlinici ai malati di Covid 19, è appena iniziata: a giocarla sono i manager Anna Iervolino (alla guida dell'azienda ospedaliera che insiste sul policlinico collinare) e Antonio Giordano, alla regia delle attività di corsie e reparti della scuola di Medicina del centro storico. In campo ci sono professori di medicina, presidi di facoltà, medici e ricercatori a capo di reparti e unità operative al lavoro in corsia in camice bianco, come i loro colleghi ospedalieri, ma la cui busta paga è assicurata dall'Università e che, oltre alle attività di assistenza ogni giorno devono dedicare una parte non trascurabile della loro giornata, alla didattica e alla ricerca. Una matassa difficile da dipanare dietro cui tutti si trincerano quando c'è da scendere in trincea. 

 

Ieri, all'indomani del vertice in Regione in cui il governatore della Campania ha strigliato i manager chiedendo a chiare lettere di attrezzarsi subito per dedicare un cospicuo numero di posti letto all'assistenza dei malati di Coronavirus andando ben oltre l'assetto programmato (rispettivamente 39 posti in collina e 30 al centro storico peraltro non ancora tutti attivi) ci sono state lunghe riunioni convocate dalla Iervolino per trovare una soluzione. Per ora emergono disponibilità di spazi e posti letto sparsi in vari padiglioni e timide aperture da parte di alcuni docenti ordinari. Troppo poco: serve un piano chiaro, rapido ed espandibile in grado allargare la ricettività di malati. Al policlinico collinare il fronte al quale si lavora nella guerra contro Covid 19, è al padiglione 18: qui c'è un intero reparto di malattie infettive, con una ventina di posti letto, che attualmente è quasi interamente devoluto all'accoglienza di donne in gravidanza positive al Covid ma asintomatiche. Troppo pochi i quattro posti programmati nell'unità della Ginecologia a latere del pronto soccorso ostetrico per far funzionare a dovere un centro eletto riferimento regionale. Le richieste nelle ultime settimane sono aumentate a dismisura. Il primo passo, dunque, per devolvere un intero padiglione per infettivi della cittadella universitaria all'assistenza di malati affetti da SarsCov 2, è trovare un altro alloggio a queste pazienti. I quattro posti della Ginecologia potrebbero essere messi a disposizione dei casi più complicati e gli altri da ricavare altrove dedicati a un regime di assistenza a bassa intensità di cure sul modello dei Covid resort. Una mossa iniziale in cui dove l'obiettivo finale è condurre a dama il padiglione 18 per i malati di Coronavirus. L'assetto ipotizzato prevede un contingente di una cinquantina di posti di degenza ordinaria da affidare alle cure di unità operative di Malattie infettive, Medicina interna e Pneumologia e una stringa di sei posti letto di sub intensiva da allestire al quinto piano e affidati alla consulenza di anestesisti dell'unità diretta da Giuseppe Servillo.

Quest'ultimo lavora in un'altra zona del policlinico dove sono già in funzione otto posti utilizzabili sia per la rianimazione sia per la subintensiva, portati ieri a 12 ed espandibili a stretto giro fino a 20 unità di cura.

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De Luca nella riunione in Regione si è reso disponibile a parlare direttamente con il ministro Gaetano Manfredi se necessario per vincere eventuali resistenze o difficoltà dell'anima universitaria dei policlinici. Nodi che anche i Rettori sono chiamati a sciogliere. L'impressione è che si sia messa in moto una macchina ma è difficile decifrare in questa fase i tempi del percorso da compiere. Gli ingranaggi sono delicati e investono il complesso meccanismo che fa muovere insieme l'assistenza, la didattica e la ricerca. Il dato strutturale di fondo è che i policlinici sono gli unici ad avere a disposizione ampi spazi, soprattutto nella zona collinare. Interi padiglioni sono sottoutilizzati e possono essere dedicati alla cura dei malati Covid. Strutture ovviamente da riorganizzare e allestire. Non è escluso che alla fine i due Atenei possano gestite in comune aree e padiglioni in cui condividere il personale. 

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