Droga, protezione e accordi:
così i napoletani dettano le regole

Droga, protezione e accordi: così i napoletani dettano le regole
di Nico Falco
Giovedì 6 Luglio 2017, 09:20 - Ultimo agg. 09:48
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Il nome più famoso è sicuramente quello di «Lelluccio Ferrarelle», al secolo Raffaele Imperiale: in una delle sue case, a Castellammare, la Guardia di Finanza recuperò due dipinti di Van Gogh rubati dal museo del pittore olandese ad Amsterdam. Da alcuni anni gli investigatori italiani ne chiedono l’estradizione alle autorità di Dubai, dove si culla in una latitanza più che dorata: le fiamme gialle stimano che tra alloggio e tempo libero spenda qualcosa come 400mila euro al mese. Nemmeno troppo, per un uomo che, sempre secondo le stime, poteva contare su un introito di circa 74 milioni di euro all’anno. Tutti soldi provenienti dalla droga: Imperiale, 43 anni ad ottobre, è accusato di aver importato fiumi di droga in Italia attraverso la Spagna con un partnership che lo legava agli Amato-Pagano. Lui, broker, provvedeva ai contatti e agli spostamenti della merce, e gli Scissionisti di Secondigliano alla vendita. Ma il panorama criminale è costellato di personaggi e organizzazioni più o meno ramificate con un unico obiettivo: sopperire alla sempre crescente domanda delle piazze di spaccio. La droga si acquista dall’estero con le «puntate», una sorta di colletta in cui gli affiliati ad un clan raccolgono i soldi e li usano per acquistare grosse partite di stupefacenti e dividersi poi in percentuale il ricavato sulla vendita. Il broker, in questo meccanismo, svolge un ruolo cruciale: può essere a disposizione di un unico clan ma anche lavorare per diverse organizzazioni, raccogliendo le puntate di tutti e usando le grosse somme per ottenere un prezzo più basso e quindi un maggiore margine di guadagno.





La droga viene comprata nei luoghi di produzione: la cocaina arriva dal Sudamerica, gestita dai cartelli colombiani e venezuelani che la spostano con piccoli aerei privati o in navi, mentre l’eroina arriva da Afghanistan e Pakistan via mare. Uno degli snodi è l’Africa: da lì partono poi i corrieri che cercano di introdurre gli stupefacenti in Europa. Altro scalo, la Spagna: la penisola iberica è raggiungibile dall’America Latina ed è vicina al Marocco, nazione anch’essa sulle rotte del narcotraffico, e negli anni è diventata uno dei punti fermi non solo per la camorra ma anche per le ’ndrine calabresi.

A fine giugno la Guardia di Finanza napoletana aveva intercettato un carico di droga che avrebbe fruttato circa due milioni di euro nell’hinterland napoletano; erano stati sequestrati 640 chili di hashish e marijuana, nascosti in barili che avrebbero dovuto contenere della torba e importati attraverso una ditta di spedizioni del Cis di Nola. Ma la Spagna continua a rivestire un ruolo fondamentale anche per il reimpiego di capitali illeciti, quando i boss si riciclano investendo nel business del divertimento, nel commercio ma soprattutto nell’edilizia: è il luogo preferito dove piantare radici, prima dei Balcani e di Inghilterra e Francia.

La droga trovata dai finanzieri a fine giugno era stata spedita da Malaga, la città dove, a gennaio, fu arrestato Giuseppe Iavarone, latitante degli Amato-Pagano. Giuseppe Polverino, boss dell’omonimo clan di Marano, lo trovarono invece a Jerez de la Frontera, in Andalusia. E, ma sarebbe ancora lungo l’elenco, nel 2008 i carabinieri scovarono Patrizio Bosti, latitante da sei anni, in un lussuoso ristorante a Plaia de Aro, provincia di Girona: era considerato il reggente dell’Alleanza di Secondigliano che vedeva riuniti il clan Mallardo di Giugliano, i Licciardi di Miano e il gruppo che faceva capo ad Edoardo Contini, proprio il clan del quartiere Vasto che per l’acquisto di droga aveva escogitato il sistema delle puntate. Una volta arrivati in Europa, gli stupefacenti vengono distribuiti a chi ha pagato la «puntata», che provvede a rifornire le piazze di spaccio.

L’organizzazione smantellata dai Nuclei di Napoli e di Pisa della Guardia di Finanza, insieme ai colleghi spagnoli e tedeschi, non fa eccezione: anche i fermati nell’ambito dell’inchiesta «Santa Lucia» potevano contare su forti appoggi con la criminalità locale. Sebbene non fossero affiliati e rimanessero quindi indipendenti, non legati a nessun clan, gli inquirenti sono sicuri che i contatti con le cosche fossero certi, scontati. In particolare, a rifornirsi dall’organizzazione a Napoli sarebbero i Polverino, tramite alcuni dei presunti componenti dell’organizzazione residenti a Marano, e i Puccinelli del Rione Traiano, il cui gancio erano invece quelli del gruppo che abitavano proprio tra le palazzine popolari di Soccavo.
 

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