Faida di Castellammare, chiesto
l'ergastolo per il cognato del boss

Faida di Castellammare, chiesto l'ergastolo per il cognato del boss
di Dario Sautto
Sabato 24 Settembre 2022, 08:24
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Pietro Scelzo fu ucciso dal clan per aver scelto di affiliarsi agli scissionisti degli Omobono-Scarpa: chiesto l'ergastolo anche per il cognato del boss Luigi D'Alessandro. Al termine della sua requisitoria, il pm Giuseppe Cimmarotta ha chiesto la condanna al carcere a vita per Vincenzo Ingenito, 45 anni, ultimo imputato rimasto a processo per l'agguato che fu consumato nel centro antico di Castellammare il 18 novembre 2006 in vico Pace.

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A quell'esecuzione di camorra aveva assistito un giovane disabile, che testimoniò e fece arrestare i due esecutori materiali. A guidare lo scooter c'era Vincenzo Guerriero (condannato all'ergastolo e morto suicida in carcere cinque anni fa) e a sparare fu Pasquale Rapicano, alias «Lino o capone», divenuto collaboratore di giustizia tre mesi dopo la condanna definitiva all'ergastolo per questo delitto. Le sue dichiarazioni hanno permesso di risalire ai presunti organizzatori di questo omicidio di camorra, consumato nell'ambito della faida tra D'Alessandro e Omobono-Scarpa per il controllo delle piazze di spaccio nel centro antico stabiese. Rapicano ha indicato con certezza Ingenito come mandante, mentre ad attenderlo per la fuga ci sarebbe stato Antonino Esposito Sansone, altro pregiudicato noto come «Lino o minorenne», morto in carcere lo scorso anno per cause naturali. Secondo l'accusa, l'omicidio di Pietro Scelzo «'o nasone» era stato deciso durante una cena in agriturismo e l'agguato fu festeggiato di sera nel rione Scanzano con lo champagne. Come pagamento «il clan D'Alessandro ci fece avere 6mila euro ciascuno, un'auto e una moto nuova» ha dichiarato Rapicano. Alla prossima udienza è prevista la discussione dell'avvocato Alfonso Piscino, difensore di Ingenito, prima della sentenza.

Intanto, nel corso di controlli antidroga dei carabinieri tra Castellammare, Gragnano e Pimonte, la scorsa notte è finito in manette il 34enne Giuseppe Rosario Langellotti, trovato in casa con 125 dosi di marijuana e 20 grammi di hashish. A Pimonte, in località Resicco, tra i boschi i carabinieri hanno trovato un fucile sovrapposto marca Silver Falcon calibro 20 con matricola abrasa. Infine, sono in carcere in attesa dell'interrogatorio di garanzia Giuseppe Molinari, di Vico Equense, e Mario Rosario Adinolfi, di Gragnano, entrambi 20enni, già noti e ritenuti vicini agli ambienti del clan Di Martino di Gragnano. Il primo è nipote del capoclan detenuto Leonardo Di Martino. I due sono stati arrestati a Montemiletto, in Irpinia, nel corso di un blitz antidroga: erano in un casolare dove era stata allestita una piantagione di canapa indiana con oltre mille fusti alti due metri e una camera per l'essiccazione delle piante.
 

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