Frattamaggiore, nella scuola che fa acqua solo rappezzi per dieci anni

Frattamaggiore, nella scuola che fa acqua solo rappezzi per dieci anni
di Marco Di Caterino
Giovedì 11 Novembre 2021, 07:00 - Ultimo agg. 20:10
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La scuola che fa acqua. Nel caso dell'istituto superiore statale Michele Niglio di Frattamaggiore, non è un modo di dire relativo all'organizzazione: l'espressione va presa in senso letterale. Qui, in questo moderno edificio di proprietà della ex Provincia, ora Città Metropolitana, che accoglie più di 700 persone tra alunni, docenti e personale amministrativo dell'Ipia (professionale industria e artigianato), piove dal soffitto un po' dappertutto. E mica così, all'improvviso. È da una decina di anni che le infiltrazioni, spesso riparate alla meglio solo con rappezzi, crescono ad ogni pioggia, e si allargano così tanto da far letteralmente precipitare acqua dai soffitti: per avere un'idea dell'assurdità della situazione strutturale dell'edificio basta dire che il preside attuale, Raffaele D'Alterio, è al Niglio da sette anni e ha trovato già allora una situazione disastrata. Ieri, dopo l'ennesima ondata di maltempo, la scuola è tornata a fare acqua e gli alunni hanno deciso di non fare lezione. Come dargli torto, considerando che dentro respiravano umidità mentre fuori c'era un'anticipazione a 25 gradi dell'estate di San Martino. Per stamattina poi gli stessi studenti hanno annunciato che si ritroveranno in un sit-in davanti alla sede della Città metropolitana, che da un mese ormai è guidata dal nuovo sindaco Gaetano Manfredi. «Lui è un docente, all'Università aveva contatti quotidiani con i giovani - ricordano - contiamo sulla sua sensibilità, magari stavolta qualcuno ci starà a sentire». I disagi, raccontano gli studenti, non si limitano mai ai giorni di maltempo: le infiltrazioni hanno l'«abitudine» di prolungare per più giorni le perdite d'acqua e così, dopo i temporali e ad ogni giornata di intense precipitazioni, dai soffitti delle aule continua a lungo il supplizio della goccia: che non bucherà nessun cranio, a differenza della tortura cinese, ma di sicuro correderà con la ruggine i tondini di ferro dei solai.

«Che dire - commenta con tono pacato il dirigente D'Alterio - la soluzione di questo annoso problema che ho riscontrato già dal primo giorno della mia direzione è in mano alla Città Metropolitana, proprietaria della struttura.

Nei nostri armadi è conservata la ponderosa comunicazione che abbiamo inviato a questo ente sulla problematica delle infiltrazioni d'acqua, che interessano sette aule del secondo piano e, al piano terra, vari punti nell'androne d'ingresso, nella segreteria, nell'archivio e persino nell'aula magna. Qualche intervento continua il dirigente scolastico la Città Metropolitana lo ha pure attuato, ma solo in forma di rappezzi, con altra guaina su guaina vecchia. I risultati sono evidenti: al primo temporale si tirano fuori secchi e stracci per assorbire l'acqua. Per non dire della paura che un pezzo di solaio possa prima o poi cedere, mettendo a rischio l'incolumità di chi frequenta l'istituto. In mancanza di soluzioni - continua il dirigente - mi vedo costretto a far ruotare più delle quattro classi che attualmente fanno la turnazione per il rispetto della normativa Covid. Andremo così ad aggiungere altri danni a quelli ancora evidenti della Dad». 

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Di fatto, gli studenti dell'Ipia devono fare i conti con le previsioni del tempo, ben sapendo che nel day after dell'acquazzone o peggio di una di quelle bombe d'acqua a carattere tropicale che sempre più spesso interessano i nostri cieli non potranno entrare in classe e fare una lezione asciutta, come sarebbe la normalità. Disagi vissuti quotidianamente anche dai professori: «In certe aule la cattedra è sistemata per forza di cose in modo anomalo rispetto alle file dei banchi, a volte ci arrivano gocce grandi così sugli abiti mentre scriviamo alla lavagna», raccontano. Contraccolpi alle attività didattiche arrivano anche dalla difficoltà a utilizzare l'Aula magna, nei fatti fuori uso nei giorni di maltempo. «Programmare incontri, iniziative comuni, eventi non è facile - sottolinea il preside - non possiamo prevedere se per il giorno stabilito la sala sar presentabile». Nonostante i continui solleciti alla Città Metropolitana, per la cominità scolastica del Niglio si prospetta un altro inverno con le stesse infiltrazioni di sempre. All'esterno della struttura, che già a prima vista richiama almeno un lavoro di maquillage urgente, si intrattengono due alunni. Frequentano l'ultimo anno. Li aspetta la maturità. «Le macchie sul soffitto? Le conosciamo una ad una. Le più recenti le chiamiamo e nonni, perché hanno una specie di barbetta bianca; le più vecchie, come quella dell'aula magna che sta lì da anni, per noi sono e ngiuallute le gialle perché hanno il colore della ruggine diluita dall'acqua che si sta mangiando i tondini dei solai. Speriamo che non crolli tutto». Un'ironia amara, atavica nel modo di essere dei meridionali, cui si fa ricorso quando serve per convivere con un problema, ma della quale questi ragazzi farebbero volentieri a meno. Mentre non rinuncerebbero a una guaina completamente nuova sul solaio.

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