Profughi-custodi agli Scavi, è rivolta: «Non li vogliamo come colleghi»

Antonio Pepe
Antonio Pepe
di Susy Malafronte
Martedì 19 Dicembre 2017, 17:01 - Ultimo agg. 17:34
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Pompei. Profughi a lavoro tra le domus, scoppia il caso Pompei: i custodi non li vogliono come colleghi. Il direttore generale del Parco Archeologico, Massimo Osanna, apre le porte del sito ai profughi-custodi. I sindacati «bocciano» il piano. «Non li vogliamo come custodi. L'Italia deve dare lavoro agli italiani». Così Antonio Pepe, segretario Unsa, (il sindacato con il maggior numero di iscritti tra gli addetti alla vigilanza e del personale amministrativo), dice: «Lavoro agli italiani nel Parco archeologico di Pompei». «Non possiamo permetterci di dare impiego ai profughi - continua il leader sindacale - a danno dei cittadini, in un’area con un tasso di disoccupazione più alto d’Europa. Impiegare i profughi come custodi, nel Parco Archeologico di Pompei, è un oltraggio ai disoccupati del territorio, è un affronto alla giustizia sociale, ed è un insulto ai giovani che vengono definiti, a più riprese, 'bamboccioni' in quanto, essendo senza lavoro, sono costretti a vivere con mamma e papà. A fronte di questa piaga il nostro Stato che fa? Dà impiego ai profughi».

«Un’iniziativa a dir poco biasimevole che offende i giovani disoccupati italiani - continua Pepe - che vedono sottrarsi la possibilità di ottenere un posto di lavoro e vanificarsi la speranza di formare una propria famiglia. È indubbio che il patrimonio culturale, storico archeologico di Pompei, rivesta il ruolo di 'motore' per lo sviluppo occupazionale del territorio vesuviano e in futuro e, non prima, anche ad altri.  Gli italiani disoccupati sono tanti, ed è proprio e sopratutto nel rispetto di questi ultimi che è innanzitutto necessario tutelarli e garantirgli un futuro. Dobbiamo imparare prima a risolvere i problemi di 'casa nostra' e poi occuparci degli altri, onde evitare discriminazioni che alimentano sempre più razzismo e delinquenza. Tuteliamo le famiglie italiane che lottano contro la fame tutti i giorni, e poi, magari troviamo una sistemazione adeguata anche per i profughi. Per dare risposte concrete bisogna favorire subito nuove assunzioni agli italiani. Noi - conclude Pepe - come sindacato siamo favorevoli a iniziative per la realizzazione di un programma occupazionale ma non daremo giustificazione a chi innesca una guerra tra poveri, tra proprietari ed ospiti».
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