Lo hanno interrogato, minacciato e picchiato. Un pestaggio che valeva come un avvertimento, del tipo «pensaci bene, che non ti conviene metterti di traverso», poi - dopo qualche ora - sono tornati alla carica. E lo hanno ucciso. Eccola la ricostruzione delle ultime ore di vita di Luigi Galletta, il meccanico 21enne colpito a morte venerdì scorso nella sua autorimessa di via Carbonara.
Venti di faida a Forcella, la storia di Luigi ha commosso tutti, indagini serrate sulla fine di un ragazzo che aveva scelto una vita onesta, con un lavoro faticoso e dignitoso.
Lì, nella sua officina, potrebbe aver incontrato gente dei Mazzarella, o custodito scooter (ovviamente per motivi di lavoro) riconducibili al killer che ha ucciso lo scorso 2 luglio Emanuele Sibillo. Eccoli i possibili moventi dell’omicidio di un ragazzo estraneo alle logiche criminali, rimasto intrappolato nelle maglie di un sistema criminale che non accetta compromessi: «Se non ci fai un favore, se non fai quello che chiediamo, significa che stai con gli altri, quindi meriti di essere ammazzato», l’antifona.
Ricostruzione che scava nei rapporti di forza tra i clan in guerra per la leadership di Forcella: ad uccidere Luigi - sta emergendo dalle indagini - quelli legati a Pasquale Sibillo, ventenne latitante, inferocito dalla morte del fratello Emanuele.
Vuole vendetta, non accetta tregue e compromessi. Chi ha ucciso Emanuele deve essere consegnato dal cartello rivale, perché ha premuto il grilletto quando il fratello era voltato, colpendolo alle spalle.