Omicidio agli chalet di Mergellina, sei anni al custode dell’arma: «Ha fatto sparire la pistola»

Prima sentenza legata alle indagini sulla morte di Maimone

Il luogo dell'omicidio
Il luogo dell'omicidio
di Viviana Lanza
Lunedì 18 Marzo 2024, 23:55 - Ultimo agg. 20 Marzo, 06:46
3 Minuti di Lettura

Sei anni di reclusione per aver custodito la pistola con l’obiettivo, secondo le accuse, di evitare controlli della pistola. È questa la condanna decisa per Rocco Sorrentino, uno dei giovani ritenuti coinvolti, con ruoli diversi, nell’omicidio di Francesco Pio Maimone, il diciottenne aspirante pizzaiolo ucciso nella notte tra il 19 e il 20 marzo 2023 davanti a uno degli chalet sul lungomare di Napoli. L’omicidio di Francesco Pio è una di quelle storie che dimostrano quanto assurda e feroce possa essere la violenza: fu ucciso da uno dei proiettili esplosi da chi pensò di reagire con una pistola a chi gli aveva macchiato con una pedata le sneakers griffate. Francesco non c’entrava né con la pedata né con la lite che ne scaturì. La condanna nei confronti di Rocco Sorrentino è stata decisa ieri dal giudice Chiara Bardi a conclusione del processo celebrato con rito abbreviato. Ed è la prima pronuncia di un giudice sul tragico fatto accaduto a Mergellina esattamente un anno fa.

Rocco Sorrentino, difeso dall’avvocato Francesca Di Dio, è una delle otto persone che la Direzione distrettuale antimafia di Napoli (le indagini sono state coordinate dai pm Antonella Fratello, Claudio Orazio Onorati e Simona Rossi) ha messo sotto accusa ritenendole, a vario titolo, coinvolte nei fatti di un anno fa. In particolare Sorrentino avrebbe detenuto la pistola con relativo munizionamento, un calibro compatibile con l’arma usata nella notte di un anno fa. A sostenere le accuse ci sono i contenuti di alcune intercettazioni ambientali acquisite dalla squadra mobile di Napoli nel corso delle indagini in un contesto che riconduce al gruppo Valda- Aprea di Barra.

È la notte a cavallo tra il 19 e il 20 marzo 2023. Esattamente un anno fa. Francesco Pio Maimone è con gli amici davanti a uno chalet di Mergellina. Come lui tanti altri giovani. La solita movida della sera. Sul lungomare le comitive siedono ai tavolini dei bar, parlano e si intrattengono lungo il marciapiedi. All’improvviso c’è una lite e in pochi istanti si crea il caos. Qualcuno estrae una pistola e spara in aria, intorno a sé. Francesco Pio, estraneo a tutto, viene colpito al petto da un proiettile. «Non respiro», sussurra. Per lui, purtroppo, i soccorsi si riveleranno vani. Francesco Pio muore. Aveva diciotto anni, sognava di diventare pizzaiolo e aprire una pizzeria tutta sua. Intanto lavorava nel ristorante di famiglia. La tappa davanti agli chalet del lungomare era un modo per concludere la giornata dopo il lavoro. Francesco Pio la fa anche un anno fa, senza poter immaginare di finire lì la sua vita e per un motivo tanto assurdo. Squadra mobile e Procura lavorano alle indagini e un mese dopo arrivano a chiudere il cerchio attorno a un giovane, Francesco Pio Valda. Ha diciannove anni ed è considerato dagli inquirenti l’autore degli spari e quindi della morte di Francesco Pio Maimone. Proviene da una famiglia di Barra nota agli inquirenti per vicende che intrecciano logiche di criminalità comune e organizzata. Con Valda finiscono sotto accusa altre sette persone, accusate di aver provato, a vario titolo, a proteggere il giovane e evitare che le indagini alzassero il velo sui fatti.

Video

Non resistano alla tentazione di ostentare anche sui social. Prima Valda, con il volto coperto inquadrato in un video girato in carcere da altri compagni di detenzione. Poi la sorella del diciannovenne che, proprio il giorno della prima udienza del processo a carico del fratello e di altri per la tragica morte dell’incolpevole Francesco Pio, ha pubblicato sui social un video in cui balla e canta un testo che inneggiava alla mafia.