Nel bunker del boss Di Lauro a Napoli: il fitness la sua unica passione

Nel bunker del boss Di Lauro a Napoli: il fitness la sua unica passione
di Giuseppe Crimaldi
Lunedì 4 Marzo 2019, 07:00 - Ultimo agg. 13:45
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Sul piccolo tavolo quadrato di legno scuro c'è ancora la tovaglia con i residui dell'ultimo pranzo consumato da uomo libero. Nel lavandino della cucina i piatti sporchi e sulla mensola una ciotolina piena di pistacchi sgusciati, con accanto una bottiglia d'acqua minerale smezzata e qualche copia di giornale. Per il resto, l'ordine regna sovrano nell'appartamentino trasformato nell'ultimo rifugio del super-ricercato di camorra. È qui che Marco Di Lauro ha trascorso, a quanto pare, il suo ultimo mese da uomo libero: via Emilio Scaglione 424, quartiere Chiaiano.
 
Appare quasi incredibile immaginare che il più pericoloso latitante italiano subito dopo Matteo Messina Denaro avesse deciso di vivere qui, in un quartiere popolato, in una strada sempre trafficatissima, peraltro a sole poche centinaia di metri in linea d'aria dalla sua Secondigliano. Invece è proprio al piano rialzato di questa palazzina bassa che Marco si era stabilito con la sua compagna Cira.

«Io e te tre metri sopra il cielo»: la scritta tracciata con uno spray rosso è sulla facciata d'ingresso che il figlio di Ciruzzo il milionario avrà varcato chissà quante volte in quest'ultimo periodo. Superato il portone d'ingresso in ferro battuto bisogna salire cinque scalini per arrivare al pianerottolo, e sul lato sinistro c'è una porta in legno con su inciso il numero uno. Un uscio non blindato, e anche questo può dirla lunga su come e quanto sicuro si sentisse il 39enne che per 14 lunghissimi anni è stato braccato dalla giustizia. Niente grate alle finestre: pensate che Marco Di Lauro dormiva nella camera da letto che guarda direttamente sulla strada quasi ad altezza d'uomo. All'interno dell'immobile risiedono solo cinque condomini. Di Lauro junior e la compagna abitavano in 60 metri quadri, in un appartamento la cui locazione risultava formalmente intestata dal proprietario ad un affittuario sul quale ora sono in corso ora i dovuti accertamenti investigativi.

Superata un piccolo vestibolo si accede al resto della casa. A sinistra si apre la camera da letto, sulla destra c'è la cucina con annessa piccola sala da pranzo: in un angolo gli attrezzi ginnici - una panca, un leggero bilanciere e qualche peso; pare che Marco avesse una vera fissa per la ginnastica e, considerata anche l'impossibilità di muoversi tranquillamente all'esterno, curava il fisico con esercizi quotidiani. Un unico, piccolo televisore a muro, un divanetto e null'altro. In fondo al corridoio la stanza da bagno, al cui esterno si intravede, su una sorta di ballatoio, la lavatrice al cui interno ci sono ancora alcuni panni lavati di fresco. Tutto dà l'impressione di un ambiente quasi spartano, in ogni caso lontanissimo anni luci dai fronzoli, dagli sfarzi trash tanto adorati dai boss di camorra. Nessuna traccia di monitor per scrutare all'esterno: e, d'altronde, avrebbero potuto solo attirare pericolosamente l'attenzione sui residenti dell'appartamentino.

Negli armadi resta ormai poco e niente: qualcuno, nella tarda serata di sabato, quando ormai Marco e Cira erano da ore in Questura, deve essere venuto a svuotarli degli effetti personali; al resto avevano già pensato gli investigatori, che dopo aver passato al setaccio ogni angolo di casa hanno portato via tutto quello che può avere un interesse d'indagine. Tra questi oggetti, pare, anche un'agenda e un cellulare. Anche i due gattini ai quali il superlatitante era tanto affezionato sono stati messi in salvo.

Un covo perfetto, dunque. Ideale sia perché non dava nell'occhio, pur trovandosi nel cuore del lunghissimo nastro d'asfalto che congiunge Marianella a Chiaiano; e sia perché si trova a due passi dalla stazione della metropolitana collinare che - guarda caso - come terminale ha proprio Scampia: un collegamento perfetto che potrebbe essere stato utilizzato dai fiancheggiatori senza destare sospetti di sorta.

Via Scaglione era, fino a soltanto qualche anno fa, il «regno» di un altro temibilissimo clan di camorra: quello dei Lo Russo. Un'area - quella compresa tra Chiaiano, Miano e Marianella - rimasta in ostaggio della criminalità per troppo tempo. Ma neanche ora che i «Capitoni» non esistono più, tra la gente del posto c'è poca voglia di parlare, di commentare la notizia della cattura del superboss di Secondigliano. I più fanno spallucce a chi chiede loro se la scoperta fatta sabato pomeriggio li abbia sorpresi. Inaspettatamente parla invece un coinquilino di Di Lauro «Lui non ricordo di averlo mai visto - dice - mentre la ragazza usciva al mattino per rientrare poco dopo con le buste della spesa: salutava, era sempre educata e mai avrei potuto immaginare che fosse la compagna del latitante.

Quando è arrivata la polizia mi ha chiesto scusa per il fatto di essersi sempre fatta conoscere e chiamare col nome Annamaria».

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