Napoli, parti cesarei: al 92%
«Lo chiedono le donne»

Napoli, parti cesarei: al 92% «Lo chiedono le donne»
di Fulvio Scarlata
Mercoledì 9 Novembre 2016, 08:30 - Ultimo agg. 10:47
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«Il nostro impegno è a ridurre i cesarei. Ma ci sono tante cause, culturali, sociali, personali, che ci inducono a ricorrere ai parti chirurgici»: Enrico Di Spirito è indicato da Villa Cinzia come l'uomo che gestisce la clinica, anche se il ruolo formale è di vicedirettore sanitario. E non nega che il 92% di laparoisterotomie è un dato clamoroso. «Tuttavia non è che con l'88% o il 75% cambia qualcosa - spiega - Sono d'accordo che bisogna ridurre i cesarei perché i dati della Campania sono fuori dal mondo, dall'Europa e dall'Italia. Il nostro impegno è già partito, ma non riusciremo ad arrivare al 30% come chiede De Luca in due anni».

Quale è il problema?

«Si arriva a queste percentuali con processi di trent'anni, non si possono ridurle all'improvviso. Bisogna organizzarsi, ci vuole almeno una programmazione triennale. Noi facciamo già corsi di preparazione al parto per rendere le donne più informate e preparate per l'esperienza del parto naturale. Sono corsi obbligatori per chi aspetta il primo figlio. Ma chi ha già avuto un cesareo lo rifarà alla seconda o alla terza gravidanza».

Perché si sceglie il cesareo?

«Le donne lo chiedono, si sentono più sicure perché evitano la paura del dolore. Capisco che in questo momento le strutture accreditate hanno i riflettori puntati addosso, però bisogna ragionare sulle condizioni socioambientali e socioculturali in cui operiamo. La nostra struttura da tre anni supera i mille parti l'anno, mentre negli ospedali pubblici le nascite diminuiscono. Da noi le gravide si sentono più sicure e tranquille».

De Luca ha definito le strutture che arrivano a oltre il 90% di cesarei delle «associazioni a delinquere»...

«Mi sembra un po' eccessivo, non esiste un ginecologo che agisce contro le donne. E poi ci sono le leggi dello Stato, come quella sull'autodeterminazione delle donne, che scelgono il cesareo per questioni di salute e spesso non vogliono ascoltare consigli».

Non sono i ginecologi a consigliare il cesareo?

«Può capitare, lo ammetto. Però appena succede qualcosa in sala parto, ed è avvenuto anche di recente, ci si chiede perché non si è intervenuti con il cesareo, mai perché non si è fatto un parto naturale. La medicina difensivistica nasce dalle continue cause, tanto che ormai diventa difficile anche assicurarsi e qualche collega può anche esagerare con i cesarei. D'altra parte fanno così anche i medici di base o gli specialisti con l'iperprescrizione per evitare cause. Mancano linee guida certe, alle quali, però, poi si devono attenere anche i magistrati nelle vertenze».

Riuscirete a ridurre al 30% i cesarei in due anni come chiesto dal presidente della Regione?

«È molto difficile dopo un trend che dura da trent'anni ci vuole più tempo. Con grande impegno ci può essere una inversione di tendenza facendo leva sulle prime gravidanze.

Noi puntiamo anche sulla partoanalgesia, con tecniche analgesiche leggere. O sull'impiego del perossido di azoto utilizzato con mascherine per ridurre l'intensità del dolore durante il travaglio. Chi ha già avuto un cesareo non cambierà, sui dati del primo parto è possibile raggiungere quel numerino che non so neppure da dove esca. E una donna, dopo il primo parto naturale, continuerà a scegliere questa strada»

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