Nicola Gratteri procuratore di Napoli: «Non andate via, scriviamo insieme il futuro»

«Ho visto la Calabria migliorata, abbiamo dato speranza e un po' di sorriso alla gente: questa è la nostra missione»

Il cantante Enzo Avitabile alla cerimonia di insediamento di Nicola Gratteri
Il cantante Enzo Avitabile alla cerimonia di insediamento di Nicola Gratteri
Leandro Del Gaudiodi Leandro Del Gaudio
Sabato 21 Ottobre 2023, 09:00 - Ultimo agg. 22 Ottobre, 08:21
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Batte su un concetto in particolare, una sorta di mantra esistenziale prima ancora che professionale: «Creare entusiasmo, rinnovare la speranza, alimentare fiducia». Parole chiave nel lessico di Nicola Gratteri, sono le coordinate di una vita. Non si sottrae alle domande il nuovo procuratore di Napoli e mostra di avere la vista lunga, forte dell'esperienza di magistrato nella sua Calabria. E va al di là dei tecnicismi, quando si appella - sulle colonne de Il Mattino - direttamente ai cittadini napoletani: «Più fiducia nelle istituzioni», spiega ricordando i sette anni a Catanzaro.

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Presidente, i cittadini napoletani hanno la possibilità di tornare a sperare in un futuro diverso, come accaduto in Calabria?
«È questa la nostra sfida. È esattamente questo il senso del nostro lavoro, per fare in modo che si accenda la giusta dose di fiducia e di entusiasmo per spingere tutti i cittadini a rivolgersi a noi».

Entusiasmo e fiducia sono fattori necessari e determinanti, ma la svolta si realizza grazie a indagini e processi, non trova?
«Spero di essere credibile al punto tale da ricevere più denunce di quante ne arrivano oggi, perché bisogna partire da una consapevolezza che deve essere chiara a tutti: delinquere non conviene a nessuno».

Questo è un territorio recentemente scosso da notizie drammatiche, come l'orrore di Caivano, dove due cuginette sono state stuprate da un branco di giovanissimi, e come l'omicidio del musicista Giogiò Cutolo, per mano di un giovanissimo. Uno scenario che spinge tanti napoletani, specie i più giovani, ad abbandonare la città. Lei cosa direbbe a chi decide di emigrare?
«Non mi piace vedere i giovani che emigrano, ovviamente non mi permetterei mai di giudicarli, però ribadisco un concetto: non c'è terra migliore di quella in cui si nasce, dovremmo fare di più per migliorare il mondo in cui viviamo».

Secondo lei, esistono dei territori geneticamente condannati a convivere con associazioni mafiose?
«Assolutamente no.

Ho visto la Calabria migliorata, abbiamo dato speranza e un po' di sorriso alla gente: questa è la nostra missione».

Nel distretto napoletano, secondo la relazione semestrale della Dia, troverà cartelli camorristici radicati da decenni (dagli anni del post sisma dell'80) ma anche bande di rapinatori e paranze di giovanissimi senza controllo. Qual è l'approccio giusto per contrastare fenomeni criminali diversi?
«Il nostro sarà un lavoro di squadra. Spero di incontrare presto i vertici delle forze dell'ordine presenti sul territorio per definire con loro le migliori strategie per combattere fenomeni criminali che, come giustamente dice lei, sono diversi, ma non meno importanti. Ci sono tante camorre e tanti livelli di camorra: ovviamente una ricetta non c'è, specie di fronte a fenomeni complessi».

Abusivismo edilizio e tante altre forme di illegalità non mafiose secondo lei sono reati minori?
«Non ho mai pensato che ci siano reati minori e reati maggiori. Ogni reato va perseguito, esiste l'obbligatorietà dell'azione penale. Ci saranno magistrati che si occuperanno di camorra e altri che si occuperanno di reati ordinari. Non faccio distinzione, non l'ho mai fatta. Ho iniziato la mia carriera di magistrato facendo il giudice civile».

La Campania, per molti versi, ha lo stesso destino della meravigliosa terra calabra: bellezze paesaggistiche uniche al mondo, ma anche tante criticità. Da cittadino del Sud cosa pensa di queste contraddizioni?
«È il dramma del nostro Paese, non soltanto del Sud. Abbiamo bellezze uniche che non riusciamo a valorizzare abbastanza. La bellezza può servire da catalizzatore per un cambiamento positivo, ispirando le persone a fare del bene, ad apprezzare il mondo che le circonda e a cercare la bellezza nelle proprie vite e in quelle degli altri».

Cosa conosce della Campania?
«Qualche settimana fa sono stato nel Cilento, una terra meravigliosa con tesori di storia, architettura e cultura unici al mondo. Ma la stessa Napoli è una città che il mondo ci invidia».

Al di là dell'approccio penale, come intervenire in contesti come Parco Verde (e le tante periferie degradate)?
«Direi che in contesti come quelli di Parco Verde e delle tante periferie degradate l'approccio deve essere necessariamente olistico. Bisognerebbe migliorare l'accesso all'istruzione, promuovere l'occupazione, migliorare la qualità delle abitazioni, garantire l'accesso ai servizi pubblici essenziali, incrementare i livelli di sicurezza e investire in programmi di sviluppo sociale. Spero che la società nel suo complesso si faccia carico di questi problemi per evitare che scene come quelle di Parco Verde possano ripetersi».

Ci racconta un suo hobby o passione, al di fuori del lavoro?
«Amo la terra, mi piace coltivarla. Lo faccio tutte le volte che posso. E poi mi piace condividerne i frutti con gli amici, con chi apprezza i prodotti della natura. Mi aiuta a scaricare le tensioni e a vivere meglio. Mi piace anche ricordare che i miei genitori hanno vissuto e mantenuto una famiglia di cinque figli con quella terra che io oggi continuo a coltivare».

Come immagina la città alla fine del suo mandato?
«Non ho la sfera di cristallo. Spero di lasciarla come ho lasciato Catanzaro, dopo un'intensa ed entusiasmante esperienza umana e professionale». 

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