Napoli, soldi falsi: «Così la camorra ha stampato 60 milioni di euro»

Clienti in arrivo da Francia e Germania dieci euro per una banconota da cento

Gratteri
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Leandro Del Gaudiodi Leandro Del Gaudio
Lunedì 8 Aprile 2024, 23:01 - Ultimo agg. 9 Aprile, 11:33
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È andato ad acquistare banconote false pagandole (inconsapevolmente) con monete false. Succede al rione Mercato, dove uno dei tanti clienti dei falsari ha pagato con la stessa moneta quelli che fabbricavano e smerciavano soldi rigorosamente fasulli.

È uno dei retroscena emersi dall’inchiesta culminata ieri in 62 arresti (48 in cella, 14 ai domiciliari) e un obbligo di dimora, che ha smantellato un’organizzazione dedita alla creazione e alla diffusione di denaro falso. Sono quelli del “neapolitan group” per usare un’espressione della Banca centrale europea, cha ha sottolineato nei suoi report l’alto livello qualitativo dei soldi falsificati a Napoli.

Un blitz eseguito ieri mattina a Napoli, nel cuore cittadino (siamo all’ombra di rione Mercato), a partire dai bassi e dai locali commerciali e ricreativi utilizzati per la diffusione delle monete fasulle. Qualche numero per mettere a fuoco lo spessore del fenomeno criminale: sono circa 60 i milioni di euro falsi prodotti e commercializzati da quelli del «gruppo napoletano»; avrebbero garantito incassi per circa sei milioni, partendo da un dato empirico: ogni banconota da 100 era venduta a 10 euro, anche se - come per tutte le merci internazionali - il mercato offriva delle oscillazioni a seconda della domanda e dell’offerta. Fatto sta che a Napoli sono passati clienti francesi, tedeschi e greci, tutti attratti dall’alto livello di specializzazione garantito dai falsari napoletani.

Il clan 

C’è l’aggravante mafioso a carico degli organizzatori dell’affare. Avrebbero agevolato il clan Mazzarella, egemone nella zona di vico Soprammuro («sopra le mura») dove è stato rinvebuto un basso dal quale venivano venduti i soldi falsi.

Un accordo tacito, sulla base del quale il clan si limitava ad imporre una sorta di pizzo a piacere nei confronti della nuova banda degli onesti.

Inchiesta condotta dalla Procura napoletana di Nicola Gratteri, in pieno collegamento con Europol ed Eurojust, grazie al talento investigativo dei carabinieri del comando provinciale di Napoli agli ordini del generale Enrico Scandone, del comandante dei carabinieri Antifalsificazione Monetaria generale Giuseppe Cavallari e del comandante del nucleo anti falsificazione di Napoli colonnello Lorenzo Marinacci.

Decisivo il controllo del territorio, che ha consentito di operare appostamenti, di ottenere intercettazioni e di cristallizzare le attività quotidiane di decine di indagati. C’erano orari e turni, vedette e staffette, che ruotavano attorno ai vertici di un sistema capace di stampare milioni di euro in laboratori alle porte di Napoli, per poi spacciare soldi falsi in alcuni luoghi del centro storico.

Il primo basso, la base centrale dello spaccio, era in via Vetriera Vecchia 21, a pochi passi da porta Nolana; poi c’era l’abitazione di R. M., il negozio di F. T., ma anche i locali dell’associazione liturgica Santa Maria Arco Gioia di Lourdes, una congrega religiosa nella quale avvenivano attività ricreative e in cui sarebbero avvenuti scambi di soldi (veri e falsi).

I codici

Turni di lavoro, orari di apertura e chiusura dei “negozi”, dalle intercettazion emergono le parole in codice. Le banconote da 100 euro venivano chiamate “Maradona” e “Pelè”, probabilmente nel tentativo di dissimulare il reale contenuto degli scambi, facendo passare le raccolte di soldi per magliette dei due campioni di calcio. Venivano inoltre messe a disposizione dei clienti due tipologie di banconote da 100 euro, «tipo vecchio» (la serie «epoche e stile») e «tipo nuovo» (ossia la serie «Europa») e una sola tipologia di banconota contraffatta del taglio da 20 euro.

La circostanza è stata documentata dai carabinieri grazie a un colloquio tra venditore e acquirente, intercettata dai militari dell'arma: «...tengo tre tipi di cinquanta, quelle da 6, da 7 e da 8 (euro)... il 100 ho due tipi, quello da 10 e da 12 (euro)». Le “B/B” erano quelle più raffinate e per questo più costose come emerge da un’altra intercettazione dove a parlare Domenico Filadoro, ritenuto il capo della banda di falsari, il quale spiega che di quelle se ne trovavano poche in quel periodo perché l’addetto alla macchina che le stampava era stato arrestato: «...hanno arrestato la persona che teneva vicino al macchinario ... penso che per qualche mese, un paio di mesi, puoi trovare solo Maradona e Pelè ... ritorno a dire per il momento non lo trovi, non ci sta...».

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A finire in cella, oltre al presunto capo Filadoro, anche presunti organizzatori del calibro di Luigi Castello, Luigi Carriola, Assunta Caiazzo, Orsola Calise, Gennaro Castello. Vanno ritenuti non colpevoli fino a prova contraria, tutti potranno dimostrare la propria versione dei fatti nel prosieguo delle indagini.

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