Noemi bimba ferita a Napoli, intervista ai genitori: «Nessuno sconto ai mostri, devono pagare»

Noemi bimba ferita a Napoli, intervista ai genitori: «Nessuno sconto ai mostri, devono pagare»
di Daniela De Crescenzo
Martedì 23 Novembre 2021, 11:01 - Ultimo agg. 24 Novembre, 14:16
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«Nostra figlia non ha avuto sconti di pena, Noemi continua a soffrire. I criminali che l'hanno colpita e calpestata devono pagare fino in fondo. Non è vendetta, è giustizia»: Tania e Fabio Staiano, i genitori della bambina ferita insieme alla nonna, Iammacolata Molino, in piazza Nazionale il 3 maggio del 2019, vivono ore di ansia in attesa della sentenza di appello nei confronti dei malviventi che solo per miracolo non hanno ammazzato la loro bambina. In primo grado, a luglio del 2020, Armando Del Re, il killer, è stato condannato a diciotto anni di carcere, il fratello Antonio, accusato di aver fornito supporto logistico, dovrebbe scontare quattordici anni. Nel corso del processo di appello il mancato assassino, inseguiva Salvatore Nurcaro per ucciderlo, ha ammesso la sua colpa e ha chiesto perdono. Nello stesso tempo ha sostenuto di aver agito per motivi personali, e non per logiche camorristiche. Ma Tania e Fabio lanciano un appello: «Due persone così spietate non possono avere sconti di pena. Non sarebbe giusto per Noemi, ma nemmeno per la città, offesa tutta dal loro gesto criminale». Insieme, nella sede della fondazione Polis, che li segue con costanza e attenzione, raccontano a due voci il dramma che stanno ancora vivendo.

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Dunque, nessun perdono per chi ha sparato a Noemi?
«Il killer ha agito in pieno giorno.

Per raggiungere la sua vittima ha esploso undici colpi da una pistola calibro nove, incurante della folla che gli stava intorno. Quando nostra figlia è crollata a terra ferita ne ha scavalcato il corpo senza nemmeno gettarle uno sguardo. Il male che ha fatto a Noemi, una bimba di quattro anni, avrebbe potuto farlo a chiunque. Noemi merita giustizia, a lei, lo ripetiamo, non sono stati concessi sconti di pena. Grazie al lavoro enorme della procura l'intera vicenda è poi stata ricostruita scrupolosamente e i due fratelli solo adesso, a due anni e mezzo dalla sparatoria ammettono le loro colpe. E per quelle colpe dovranno pagare. Senza nessuna riduzione di pena».

In aula avere incontrato i fratelli Del Re. Cosa avete provato?
«In primo grado li vedevamo farsi cenni tra di loro, mimavano il gesto di nuotare. Tra poco andremo al mare, volevano dire. Poi, quando è arrivata la sentenza uno dei due ci ha fatto un segno: Vi taglieremo la gola. Noi siamo rimasti agghiacciati: subire anche delle minacce è intollerabile».

Vostra figlia sconta ancora le conseguenze delle ferite?
«Certo, il proiettile che le ha attraversato i polmoni le ha fatto esplodere tre vertebre e adesso porta un busto ortopedico. Non potrà liberarsene fino a quando non potrà subire un intervento definitivo. Ora non può correre, saltare, giocare come gli altri bambini. E non solo: a scuola i compagni le chiedono cosa le sia successo. Lei racconta: Mi ha sparato il cattivo. E a noi chiede: Perché proprio a me? Ha paura che il criminale possa tornare ancora a farle del male, soffre di incubi».

Avete un sostegno?
«Si, la fondazione Polis con don Tonino Palmese ed Enrico Tedesco ha attivato un progetto di adozione sociale e ci segue costantemente. A Noemi, poi, è stato dato un sostegno psicologico».

Tania, cosa ricorda della sparatoria?
«Io ero con mio padre, mia madre, mia sorella e le mie due bambine davanti a un bar di piazza Nazionale. Avevo la più piccola in braccio quando sono entrata nella sala. Mi ero avvicinata al bancone e ho sentito le esplosioni. Con altre persone mi sono rifugiata nel bagno, poi mi sono accorta che Noemi era rimasta in strada, volevo uscire, ma la gente mi tratteneva. Quando finalmente sono riuscita a spalancare la porta mi sono trovata davanti il cameriere con Noemi in braccio. Era terrea, ma non sembrava ferita. L'ho presa, le ho tolto il giubbino e mi sono accorta che aveva un forellino nella golfino. L'ho spogliata e sulla spalla ho visto un buco. Lei era in piedi, ma subito dopo si è accasciata. Poi è arrivata l'ambulanza».

Quando ha capito che la piccola era in condizioni disperate?
«In ospedale. Ancora in ambulanza per tenerla sveglia gli infermieri le facevano vedere un video. Lei non piangeva, diceva solo Voglio tornare a casa. Poi al Santobono l'hanno visitata e da quel momento si è scatenato il caos: arrivavano medici in continuazione. Mia figlia l'ho vista dopo qualche ora, era intubata e legata alle macchine che la tenevano in vita. In rianimazione ci hanno spiegato: Adesso possiamo solo pregare. Penso che volessero prepararci al peggio. Le ferite riportate da Noemi erano ferite di guerra, una guerra che noi non abbiamo mai dichiarato e che ci siano trovati a combattere con nostra figlia».

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