Giovanna Guiotto primario pronto soccorso Ospedale del mare: «In trincea senza medici, siamo invasi dai pazienti»

Giovanna Guiotto primario pronto soccorso Ospedale del mare: «In trincea senza medici, siamo invasi dai pazienti»
di Ettore Mautone
Giovedì 9 Giugno 2022, 11:03
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L'Ospedale del mare ricomincia dal pronto soccorso: Giovanna Guiotto dal 1 giugno è il nuovo primario dell'emergency. Reparto senza guida dopo l'abbandono di Vittorio Helzel un anno fa. Nata a Pordenone, laurea a Parma, specializzata alla Federico II in Medicina interna e Anestesia, Guiotto è residente a Napoli dove ha famiglia. Vanta una lunga esperienza in prima linea maturata prima al Maresca, poi a Pagani, quindi all'ospedale San Paolo dove ha fatto parte della prima nidiata dello storico gruppo di allievi del caposcuola Ferdinando Schiraldi. Nel 2017 vince il concorso da primario al San Pio di Benevento ma ora torna a Napoli insieme a Mariano Armellino, nuovo vertice della Chirurgia di urgenza proveniente da Salerno. Due rinforzi che invertono la rotta della fuga di camici bianchi a Napoli est.

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Che ospedale ha trovato?
«Quello che mi aspettavo: una struttura moderna, a monoblocco, con spazi adeguati e tanta tecnologia.

Ciò consentirà di lavorare in maniera ottimale».

Intanto ci sono i problemi: pronto soccorso ingolfato, carenza di personale, barelle...
«Nodi presenti in tutto i grandi pronto soccorso delle grandi città».

Lei ha fatto parte del gruppo di lavoro istituito dalla Asl per la verifica delle procedure dei pronto soccorso: che idea si è fatta?
«I reparti di emergenza hanno problemi comuni e molto impegnativi. Abbiamo messo a fuoco tutti i nodi e individuato alcuni correttivi».

Quali?
«Seguiremo le linee di indirizzo contenute nel Piano nazionale per lo sviluppo e gestione del sovraffollamento. In ospedale c'è un iperafflusso di pazienti a bassa urgenza. Ho proposto soluzioni strutturali per ottimizzare gli spazi e attivare l'Obi (Osservazione breve intensiva) finora al palo. Anche l'area per infettivi era in disuso».

E il nodo dell'imbuto verso i reparti che ricevono pochi pazienti?
«Ho chiesto la collaborazione di tutti. Una delle soluzioni allo studio è attribuire un percorso verso un determinato reparto già nella fase dell'osservazione e attivare la cartella clinica sin dalla fase di attesa».

E il personale che manca? Quanti ne siete?
«Siamo 8, un paio provenienti dal 118. Quando l'ospedale è partito erano una trentina e oggi si attinge alla Chirurgia di urgenza per i turni mentre la Medicina di urgenza è presidiata da personale internistico. Sono ottimista: sono arrivati alcuni specializzandi e il concorso per anestesisti ha dato una risposta. In tutti gli operatori c'è un grande desiderio di cambiamento. Il mio compito è riorganizzare il lavoro e rendere più attrattiva la struttura. Ce la metterò tutta».

Le prime soluzioni adottate?
«Ho riorganizzato turni e routine di assistenza, ripristinato il briefing, intendo migliorare le condizioni lavorative. Nessuno dovrà restare per la vita in pronto soccorso. Ruoteremo in Medicina di urgenza, Obi e reparto per evitare l'esaurimento delle risorse psichiche e fisiche».

Ha paura delle aggressioni?
«L'ospedale ha una psichiatria, l'accesso in urgenza è comune. Ho chiesto un percorso protetto. Le guardie sono tante. Salvo i pochi casi gratuiti molte aggressioni nascono dalla frustrazione di chi non si sente preso in carico. Migliorando la funzionalità dovrebbe calare anche la violenza in corsia».

Cosa pensa del pronto soccorso nei policlinici?
«In prospettiva sarebbe fondamentale per aumentare l'offerta, decongestionare il Cardarelli e noi. Tuttavia ci vogliono i medici». 

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