Peste suina negli snack, l’allarme parte da Napoli

Alla Camera il caso dei salamini “vegani”: l’epidemia trasmessa ai maiali dai cinghiali

Allevamento di maiali
Allevamento di maiali
Paolo Barbutodi Paolo Barbuto
Mercoledì 17 Gennaio 2024, 23:46 - Ultimo agg. 19 Gennaio, 07:25
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Il blitz dopo il quale sono state scoperte tracce di peste suina a Napoli torna d’attualità. Il commissario straordinario nazionale per la peste suina africana, Vincenzo Caputo, è stato ascoltato alla Camera dei deputati, in Commissione Agricoltura, e ha presentato i dettagli degli esami della Asl sul materiale sequestrato.

Questa vicenda affonda le radici in un‘operazione di controllo effettuata a Napoli, all’inizio del mese di novembre del 2022, da parte della Asl. Durante verifiche effettuate in alcune rivendite di corso Novara e Gianturco, nella zona Est del capoluogo partenopeo, vennero riscontrate importanti illegalità nei prodotti alimentari importati dalla Cina. Il blitz si concluse con il sequestro di 20 le tonnellate di alimenti importati da Pechino. Venne rilevata la presenza di etichette contraffatte, sovrapposte a quelle cinesi, nelle quali l’elenco degli ingredienti era totalmente difforme dall’originale. Al blitz dall’area veterinaria del dipartimento di Prevenzione della Asl 1 Napoli centro, presero parte 23 dirigenti veterinari, 6 tecnici della prevenzione e 4 tecnologi alimentari.

I controlli sull’enorme quantità di alimenti sequestrati hanno richiesto tempo. Quando è arrivato il turno delle verifiche su presunti “salamini vegani” di provenienza cinese, è scattato l’allarme. Si è scoperto che quel cibo destinato a chi segue una dieta vegana era composto prevalentemente da pollo e maiale, ma il dettaglio più agghiacciante è che in undici campioni di quegli alimenti è stata individuata la presenza del virus della peste suina.

Si tratta di una malattia che non attecchisce nell’uomo, fortunatamente, ma che sta travolgendo il mondo degli allevatori italiani per via di un’epidemia scoperta nel 2022 e che dal 2023 è diventata un caso nazionale, tanto da imporre la creazione di una struttura ad hoc per la gestione dell’emergenza.

Il commissario Caputo ha presentato la vicenda alla commissione agricoltura, aggiungendo il particolare inedito del ritrovamento del virus in ben undici campioni differenti, la metà delle 22 barrette “vegane” cinesi analizzate. È stato, così, evidenziato il rischio che proprio questo tipo di alimenti, una volta divenuto rifiuto, possa essere stato ingerito dai cinghiali diffondendo la malattia in quella popolazione che, poi, potrebbe averlo passato ai maiali negli allevamenti.

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La vicenda napoletana ha fatto crescere la tensione in Lombardia, una delle regioni maggiormente aggredite dalla peste suina: l’assessore regionale all’agricoltura, Alessandro Beduschi, ha definito «gravissimo» quel che sta emergendo e ha tuonato «l’Italia non può più accettare mancanza di reciprocità su ogni cosa, a partire dai controlli su merci in arrivo da Paesi non trasparenti, e per fortuna oggi c’è una politica diversa che ha coraggio di cercare e denunciare questi fatti. È assurdo che basti manomettere un’etichetta tradotta dal cinese per causare danni a una filiera che vale miliardi di euro».

Sulla scorta dell’attività di controllo svolta a Napoli si sta progettando la possibilità di allargare le verifiche a tutto il Paese alla ricerca di eventuali altri prodotti contraffatti.

Sul fronte del contrasto all’epidemia è partito un piano che, oltre a imporre controlli serrati negli allevamenti suini, prevede l’abbattimento di 650mila cinghiali in tutto il territorio italiano.

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