Preti a Napoli, vocazioni in crisi: chiese affidate ai diaconi

A Napoli sono 312 a fronte di 500 sacerdoti «Il 60 per cento di chi offre servizi ai fedeli»

Padre Giuseppe Daniele
Padre Giuseppe Daniele
Maria Chiara Aulisiodi Maria Chiara Aulisio
Mercoledì 24 Maggio 2023, 08:22 - Ultimo agg. 16:46
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Non è un sacerdote, non presiede l'eucaristia e non assolve i peccati, nella maggior parte dei casi è coniugato e ha una sua professione ma nella Chiesa - e non solo in quella di Napoli - sta assumendo un ruolo sempre più determinante e necessario. Colpa della crisi delle vocazioni, i seminaristi ormai sono vere e proprie mosche bianche: anno dopo anno cala infatti drasticamente il numero di chi tra i giovani decide di offrire la propria vita all'evangelizzazione. Di conseguenza, colpa anche dell'età media dei sacerdoti - sempre più alta e dunque sempre meno compatibile con il tanto lavoro che c'è da fare - la figura del ministro ordinato all'interno delle comunità è sempre più preziosa. A dichiararlo sono gli stessi preti che nelle parrocchie (ma anche negli altri organismi pastorali: carceri, ospedali, centro di accoglienza) condividono il servizio in perfetta sintonia con i diaconi.

Basta un dato per capire le proporzioni del fenomeno: a Napoli sono 312 mentre i sacerdoti un po' meno di 500. Vale a dire che i primi rappresentano circa il sessanta per cento di chi ha scelto di mettersi al servizio della diocesi. Nella chiesa di Santa Maria di Costantinopoli a Cappella Cangiani, tanto per fare un esempio, i diaconi impegnati sono addirittura otto. In tutta la Campania sono invece 735 e in 160 si stanno già preparando per avviarsi al ministero diaconale, vale a dire un percorso non facile di formazione spirituale e pastorale, ma anche umana e intellettuale, della durata di cinque anni: «Il dato è certamente confortante - spiega Giuseppe Daniele, coordinatore regionale della categoria e diacono da 37 anni - avere linfa nuova è sempre un buon segnale, abbiamo bisogno di forze giovani.

Uno dei nostri obiettivi è infatti quello di allargare la platea non solo ai credenti ma a chiunque abbia bisogno di ascolto e di aiuto morale o materiale. È chiaro che per farlo al meglio dobbiamo essere in tanti». D'altra parte, il diacono non è più - come si usa dire - «un semplice laico»: riceve infatti il sacramento dell'Ordine, che lo immette tra i membri del clero, ha una propria veste liturgica, sull'altare ha un posto suo, ha il compito di proclamare il vangelo e può tenere l'omelia, ha l'obbligo di celebrare la liturgia a nome dell'intera Chiesa, può battezzare, benedire le nozze, accompagnare alla sepoltura i defunti sempre con l'autorizzazione del parroco.

«È un ministro di Cristo a tutti gli effetti - aggiunge il coordinatore regionale - pur rimanendo inserito nel proprio contesto familiare, sociale e professionale. La crisi delle vocazioni è innegabile, il fenomeno è nazionale e Napoli non è immune. In alcune diocesi della regione i diaconi vengono utilizzati anche come responsabili dei diversi uffici della Curia. Un impegno, il nostro, che consente di liberare i presbiteri da lungaggini e burocrazia per dare loro la possibilità di dedicarsi ad altre mansioni. Va detto che qui a Napoli, insieme con Torino, grazie ai cardinali Ursi e Poletti, siamo stati pionieri nell'avventura del diaconato permanente».

Attenzione però. Il rischio da non correre è quello di clericalizzare il diaconato: «Il nostro è un ministero a favore di tutti. Siamo e dobbiamo rimanere figure diverse unite da un impegno comune. Quale? Diffondere il vangelo tra la gente, anche tra chi non crede, e dare vita a una vera comunità di fratelli nel Signore, unita e concorde. È chiaro che tutto ciò richiede la presenza di figure diverse, autorevoli, capaci di assumersi le loro responsabilità. In un simile quadro d'insieme - conclude Giuseppe Daniele - il ruolo del diacono apparirà come un appello vivente al recupero della centralità della missione pastorale nelle nostre comunità cristiane».

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