Scuola, c'è chi è già ripartito a Napoli: corsi con studenti in aula a Saviano

Scuola, c'è chi è già ripartito a Napoli: corsi con studenti in aula a Saviano
di Giovanni Chianelli
Mercoledì 9 Settembre 2020, 09:30 - Ultimo agg. 11:06
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La scuola nel Napoletano riparte da Saviano, dopo oltre sei mesi di chiusura per via del lockdown. Mentre si dibatte ancora sulle date e le modalità di rientro in aula un istituto ha riportato gli alunni trai banchi già da ieri: si tratta dell'Itis Montalcini Ferraris del comune vesuviano, guidato da Domenico Ciccone. È ripartito dalla didattica speciale, i corsi del progetto Scuola viva. Ma se non è ancora scuola ufficiale la forma è quella: cancelli aperti, alunni tra i banchi e docenti a fare lezione. In presenza. Mascherine per tutti, i più prudenti hanno anche guanti e contenitori di gel disinfettante. I banchi sono monoposto e a un metro di distanza. L'entrata è separata come percorso dall'uscita e prima dell'ingresso, dopo una raccomandazione collettiva sulla prudenza, tutti passano per i termoscanner, poi compaiono gli schedari per riportare i nomi dei presenti.

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È tornata l'allegra confusione del ritrovarsi prima di sedersi a seguire il corso e la scuola si riempie, di nuovo, delle urla, del caos felice dei loro abitanti: «Mi sono mancati tutti i miei compagni, anche quelli con cui non andavo d'accordo. Prima pensavo che andare a scuola fosse una scocciatura, adesso non vedevo l'ora», dice Tina, una giovane di 14 anni. «Non salterò mai più un giorno, giuro» gli fa eco Salvatore. I ragazzi si guardano, si spiano, si scambiano sorrisi e cenni di intesa. Qualcuno è incredulo: «Mi fa così strano essere tornato». Stanno ritrovando quella dinamica sociale che per molto tempo avevano perso. A qualcuno fa strano non potersi avvicinare agli altri, come un tempo: «Ci dobbiamo abituare», dice Salvatore. «Il senso della scuola pubblica è questo, oltre che la didattica. Lo stare insieme, da vicino, ad apprendere idee e forme di scambio che a casa non avrebbero, e a rispettare lo spazio pubblico e il prossimo», dice Giusy Torino, una delle docenti responsabili del corso.

Organizzato dalla scuola in collaborazione con l'associazione Genesi, il modulo si basa sulla scrittura autobiografica. Inutile dire che la maggior parte dei ricordi e degli aneddoti è riferita al lockdown: «Quelle ore non passavano mai, era terribile vedere fuori la primavera che nasceva e noi costretti a casa racconta Giulia. Pochi sono i riferimenti a ciò che ha causato lo stare a casa, il virus. «No, non avevo paura. Solo smania di andare a giocare a pallone», fa ancora Salvatore.
 


Saviano tra l'altro è il comune dove furono celebrati dei funerali anche se le disposizioni nazionali non lo consentivano, causando una tempesta mediatica. Non ci furono molte conseguenze né contagi, ma la figura non fu buona: «Preferiamo farci notare oggi perché siamo il primo istituto nella Città metropolitana e tra i primi in regione a riportare i ragazzi in classe dice Ciccone, il dirigente. «Abbiamo voluto mostrare la via riattivando i corsi Pon, in sicurezza, prima della riapertura ufficiale del 24. Un test, un modo per dire che la scuola in presenza si può fare».
È il primo giorno di scuola e come ogni primo giorno si bada più a ritrovarsi che alla lezione, per di più dopo tanto tempo di assenza. I docenti per oggi non pensano ai richiami ma alla bellezza di riprendere il filo interrotto del loro rapporto coi giovani: «Senza di loro la scuola non ha motivo di esistere», dice sorridendo Consiglia Pascale, che insegna inglese. «Anche se si lavorerà di più questo è il nostro posto». Diversi i commenti sulla didattica a distanza, la famosa o famigerata Dad. Dice Davide, uno dei ragazzi: «Non mi piace, la sera avevo un mal di testa tremendo».
Una overdose di computer che ha lasciato un cattivo ricordo. 

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