Salvator Mundi ritrovato in un appartamento di Poggioreale: era in partenza per Dubai

Salvator Mundi ritrovato in un appartamento di Poggioreale: era in partenza per Dubai
di Giuseppe Crimaldi
Martedì 19 Gennaio 2021, 10:00
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L'arte rubata ai tempi del Coronavirus. Sottotitolo: come trafugare un capolavoro dal valore inestimabile senza lasciare tracce. Sembra la trama di un giallo, e invece è accaduto davvero. A Napoli. Nientemeno che nella Basilica di San Domenico Maggiore. E adesso su questa incredibile vicenda scattano indagini che non escludono sviluppi anche clamorosi. Alla base del furto ci sarebbe la complicità di un informatore, una talpa interna ai luoghi sacri violati dai ladri d'arte.

A osservarlo da vicino, e agli occhi di un profano, il Salvator Mundi - dipinto di scuola leonardesca del Quattrocento attribuito al pittore Girolamo Alibrandi - sembrerebbe quasi una crosta.

Invece quel ritratto di Gesù, scomparso misteriosamente circa un mese fa dalla Cappella Muscettola della chiesa nel centro storico che racchiude molti altri capolavori senza che nemmeno lo stesso priore nonché custode di quei tesori se ne accorgesse e desse l'allarme, sul mercato illegale delle opere d'arte avrebbe fruttato tantissimo. Almeno un milione di euro.

Dubai, crocevia di traffici internazionali per i quali passa ormai di tutto: dai latitanti ai reperti archeologici, per non parlare dei capitali illeciti di mafiosi e camorristi.

Se il trafugamento è stato in extremis evitato lo si deve ad un'indagine della Polizia di Stato che lo stesso procuratore della Repubblica di Napoli Giovanni Melillo non ha esitato a definire sagace e attenta.

Tutto nasce da una soffiata. Un confidente della Questura dà agli investigatori la dritta: «Andate a Ponticelli, troverete una grande sorpresa». Detto fatto. Gli uomini coordinati dal primo dirigente Alfredo Fabbrocini bussano alla porta di un insospettabile. Si chiama Silvio Vitagliano, ha 36 anni ed è un incensurato che risiede in un terraneo di via Provinciale delle Brecce, ai margini della periferia orientale di Napoli. Nel corso della perquisizione spunta prima una carabina (non denunciata e detenuta illegalmente) e poi - nascosto su un armadio - il Salvator Mundi. Per il 36enne scattano le manette: l'accusa è ricettazione di opere d'arte.

Ma restano ancora tanti, troppi dubbi su questa storia. Proviamo a sintetizzarli in almeno tre domande. Primo interrogativo: possibile che di un quadro di tanto valore non si sapesse nulla, tanto più perché custodito in una sala chiusa al pubblico da quasi un anno per l'emergenza Covid? Seconda domanda, che si tiene con la prima: possibile che un confidente di polizia si sia dovuto sostituire a chi avrebbe dovuto invece accorgersi della sparizione, formalizzando la denuncia? Ed ancora: chi ha materialmente avuto la possibilità di mettere le mani su quella tela sapendo di potere agire indisturbato? Come ha avuto accesso ad una sala nella quale nessuno poteva entrare?

Sospetti sui quali si soffermano gli inquirenti. L'inchiesta seguita in prima persona da Melillo è coordinata anche dal procuratore Vincenzo Piscitelli, con il contributo del vicequestore Luca Izzo e dell'ispettore Raffaele Giardiello. «Nulla fa pensare - ha detto Melillo - che sia stato necessario ricorrere a una effrazione o superare ostacoli». Un raid mirato: «Chi lo ha preso voleva quel quadro - ha aggiunto il capo della Procura - e può essere una congettura plausibile che sia stato un furto su commissione da parte di una organizzazione dedita al commercio d'arte internazionale».

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In prima linea nell'indagine il Capo della Mobile, Alfredo Fabbrocini. Un poliziotto di razza: dal suo arrivo a Napoli molte e delicate inchieste sono state portate a termine. Assieme a lui, nella caserma del Reparto Mobile di Monte di Dio, c'era il questore Alessandro Giuliano. «È stata un'indagine particolarmente complessa - ha spiegato Fabbrocini - e ci dà grande soddisfazione aver restituito un bene di cosi grande importanza per la città di Napoli. Abbiamo risolto un caso prima ancora che si creasse, visto che non c'era una denuncia e che il custode non sapeva che fosse stato sottratto». Ora è caccia al basista: si tratta di chi aveva accesso e libertà di movimento in Basilica.

Amarezza e inquietudine, nelle ultime parole in conferenza stampa, da parte del procuratore di Napoli. «Questo furto - ha concluso Melillo - rivela le condizioni di fragilità estrema in cui versano capolavori come quello appena recuperato. Il nostro patrimonio artistico meriterebbe una maggiore e più rigorosa ricognizione».

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