Il grido degli ucraini di Napoli: «Siamo preoccupati per i nostri cari»

Il grido degli ucraini di Napoli: «Siamo preoccupati per i nostri cari»
di Emiliano Caliendo
Giovedì 24 Febbraio 2022, 20:42 - Ultimo agg. 21:03
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La Comunità ucraina di Napoli è sotto shock. I fedeli ucraini di rito greco-cattolico della chiesa di Santa Maria della Pace, in via Tribunali, affollano la navata principale pregando per i connazionali in patria. I volti degli ucraini di Napoli sono corrucciati, tesi. «Sono stressata da quando ho letto le notizie questa mattina, ancora devo elaborare cosa sta accadendo. Non me la sento di parlare» confida con voce tremante una donna. Padre Taras Zub, sacerdote della Comunità ucraina greco-cattolica, non rilascia dichiarazioni. «È il momento della preghiera e del silenzio, devo confessare i miei fedeli» avverte dopo aver officiato la messa in una chiesa gremita di fedeli, aggiungendo che non può rilasciare dichiarazioni senza il permesso dell’Esarcato di Roma. Sono perlopiù donne le cittadine ucraine presenti alla celebrazione delle 16,00. Alcune di loro scrivono delle preghiere specifiche su dei foglietti lasciando delle offerte. Sono pensieri indirizzati ad un figlio, un nipote, civile o militare che sia, bloccato in un Paese aggredito e invaso dall’esercito russo. Una di loro decide di esporsi: «Sono molto preoccupata», dichiara Olga. «È stato inaspettato per certi versi - aggiunge -: pensavamo che il mondo reagisse con più forza all’invasione. Questa per noi non è una novità, abbiamo già avuto otto anni di guerra e il mondo è stato in silenzio. I miei figli sono lì, con i generi, nella parte occidentale del Paese, a Leopoli. Putin non digerisce che l’Ucraina voglia andare verso l’Europa, mentre lui rivorrebbe la Russia come l’Unione Sovietica».

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La geografia della comunità ucraina partenopea, 22mila persone tra Napoli e provincia, ha nel quartiere Stella uno dei suoi punti nevralgici. Natalia, titolare di un money transfer a Piazza Cavour, affollato da madri e nonne ucraine che si apprestano a inviare soldi ai propri cari residenti in Ucraina, dichiara: «Ho la mia famiglia lì, siamo distrutti. Mia madre, i miei fratelli e cugini, sono tutti lì, nella città di Lutsk, tra Polonia e Bielorussia. Spero che Putin si fermi. Il popolo ucraino non c’entra nulla rispetto ai suoi disegni. Per fortuna riusciamo ancora a mandare soldi con Western Union, ma le banche lì sono tutte chiuse. Il nostro cuore è con l’Ucraina in questo momento». Già, perché il tema adesso è quello degli aiuti alle popolazioni catapultate, dall’oggi al domani, in uno scenario di guerra. Centinaia di migliaia di persone sfollate a cui dover far arrivare viveri, medicinali. «Sono appena riuscita ad inviare dei soldi ai miei due figli anche loro a Lutsk» racconta Alina, all’uscita del Money Transfer. «Arrivano notizie che questa notte ci saranno dei bombardamenti aerei da parte dei russi, per cui stanno nascondendo e mettendo al riparo i loro bambini.

Non sappiamo se riusciranno a scappare altrove, per ora è tutto bloccato», aggiunge con la voce rotta dalla commozione.

Gli uomini, invece, non vogliono esporsi. C’è chi come Roman, proprietario di una ditta trasporti per l’estero nel Rione Sanità, vuole prima aspettare lo sviluppo degli eventi prima di parlare. La preoccupazione è altissima e bisogna prima comprendere se la guerra scatenata dal Cremlino nei confronti di Kiev è un blitzkrieg, una guerra lampo, volta solo a conquistare il Donbass, o una vera e propria annessione dell’Ucraina. Anche Vasilij, dietro il bancone di un negozio di alimentari «è troppo sconvolto», dice, per poterne parlare subito. Una signora, dietro la cassa di un altro negozio, esclama: «Se si esclude San Pietroburgo e Mosca, in alcune regioni della Russia hanno ancora il bagno all’esterno delle proprie abitazioni. Il presidente russo dovrebbe pensare a risolvere prima i problemi del suo popolo». Tornando all’area dei decumani, in via Duomo, incontriamo Tania che con gli occhi stracolmi di lacrime, carica di apprensione, afferma: «Mio figlio è un riservista dell’esercito a Leopoli. Mi ha detto che ci sono dei bombardamenti in corso anche lì. È stato richiamato in servizio, adesso si trova a difesa dell’aeroporto civile di Leopoli». Sotto il Consolato Generale d'Ucraina al Centro Direzionale, a seguito del punto stampa tenuto dal console Maksym Kovalenko, due dipendenti della sede diplomatica fumano preoccupati. Uno di loro confida nella capacità di risposta dell’esercito ucraino: «Fermeremo Putin, ne sono sicuro». Gli ucraini di Napoli, con dignità solenne, in queste ore concitate, pregano, piangono e soffrono in silenzio per il loro popolo. A loro è arrivata la solidarietà del sindaco di Napoli, Gaetano Manfredi: «Un grande abbraccio e grande solidarietà a tutta la comunità ucraina di Napoli che è così ampia. La vicinanza della città a tutti loro e alle loro famiglie».

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