Venere, solo 15 secondi per distruggere l’opera: «Clochard ha agito solo»

Le telecamere hanno consentito agli investigatori di estrapolare il frame in cui si nota una sagoma avvicinarsi all’opera

La Venere degli Stracci mentre bruciava
La Venere degli Stracci mentre bruciava
di Viviana Lanza
Giovedì 13 Luglio 2023, 23:55 - Ultimo agg. 14 Luglio, 16:59
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Quindici secondi per appiccare il rogo e fuggire, per distruggere l’opera installata in piazza Municipio e finire nei guai con la giustizia. Quindici secondi per bruciare e bruciarsi. Tanto dura la scena ripresa dalle telecamere a pochi metri da Palazzo San Giacomo. Occhi elettronici puntati sulla piazza e indirettamente sulla Venere degli Stracci. Quelle telecamere hanno consentito agli investigatori di estrapolare il frame in cui si nota una sagoma avvicinarsi all’opera e quindici secondi dopo allontanarsi a passo svelto mentre alle sue spalle divampano le fiamme che ridurranno in cenere e fumo l’installazione dell’artista Michelangelo Pistoletto. Quindici secondi per un gesto che al momento resta senza un movente certo. 

Vandalismo, raptus o cos’altro? A questi interrogativi mirano a trovare una risposta le indagini condotte dagli agenti della squadra mobile coordinati dal dirigente Alfredo Fabbrocini. Simone Isaia, 32 anni, originario di Casalnuovo, è al momento l’unico indagato per il rogo scoppiato all’alba di mercoledì. «Non sono stato io, non c’entro nulla con questa storia», è stata la sua difesa in prima battuta, quando gli agenti lo hanno raggiunto in una mensa della Caritas nel centro di Napoli per notificargli il fermo firmato dalla Procura. Il pm che segue le indagini, Federica D’Amodio, ha ritenuto di dover emettere il provvedimento restrittivo in attesa della pronuncia del gip. L’udienza di convalida è prevista per questa mattina. Simone Isaia resta per il momento recluso nel carcere di Poggioreale, accusato di essere l’unico responsabile dell’incendio che ha ridotto in cenere e in uno scheletro annerito l’installazione di piazza Municipio. Lui nega ma gli inquirenti ritengono di averlo riconosciuto nel frame delle telecamere di sorveglianza che poco dopo le cinque e trenta del mattino catturano la scena nella piazza ancora deserta alle prime luci di un’alba afosa. 

Classe 1991, Simone Isaia è nato e cresciuto a Casalnuovo. La sua è una famiglia perbene, come tante. I genitori e una sorella, gli amici del quartiere. Un quartiere che Simone ha lasciato da tempo. Da almeno tre anni non risulta più residente a Casalnuovo, ma è da molto prima che ha lasciato la casa di sempre per girare l’Italia e il mondo. Chi lo conosce lo descrive come un ragazzo con alcuni problemi caratteriali o comportamentali, insomma con delle fragilità, ma nulla di conclamato. Ha vissuto negli ultimi otto anni tra Milano e Amsterdam, Parma e Torino, e poi a Napoli, tra il centro e Posillipo. Un senza fissa dimora, dicono gli inquirenti, un clochard sui generis. Ha un conto in banca ma pochi soldi, su Facebook ha un paio di profili aperti con post in libertà, foto sfocate di luoghi e paesaggi, una richiesta bocciata per ottenere il reddito di cittadinanza, una carta d’identità con domicilio in Olanda, documenti di viaggi all’estero o atti come la notifica della polizia di Monaco, pensieri critici nei confronti del governo, link condivisi su teorie complottiste e “poteri forti”. 
 


Il rogo sarebbe stato appiccato con un accendino e il fatto che Isaia sia stato trovato con cinque accendini nelle tasche al momento del fermo sembra confermare questa ipotesi.

Si continua a indagare. Non sarebbero emersi, per ora, elementi tali da far sospettare la presenza di complici, e ciò potrebbe voler dire che l’autore del rogo ha agito da solo, non spinto da altre persone o in collaborazione con altri.

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Resta da capire il motivo del gesto. E mentre il lavoro investigativo prosegue, si accavallano le polemiche relative alla sicurezza dell’installazione in piazza Municipio, alla gestione della città e delle sue opere, all’immagine di Napoli e agli stereotipi a cui facilmente spesso si cede. C’è chi lamenta l’assenza di una recinzione messa preventivamente a protezione dell’opera, chi se la prende più in generale con il degrado della città. Il sindaco Manfredi e l’artista Pistoletto hanno promesso di ricostruirla. Per ora in piazza Municipio c’è lo scheletro annerito della Venere degli stracci, circondato dal nastro rosso e bianco e un cartello con la scritta «Sequestro penale». 
 

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