Quindici secondi per appiccare il rogo e fuggire, per distruggere l’opera installata in piazza Municipio e finire nei guai con la giustizia. Quindici secondi per bruciare e bruciarsi. Tanto dura la scena ripresa dalle telecamere a pochi metri da Palazzo San Giacomo. Occhi elettronici puntati sulla piazza e indirettamente sulla Venere degli Stracci. Quelle telecamere hanno consentito agli investigatori di estrapolare il frame in cui si nota una sagoma avvicinarsi all’opera e quindici secondi dopo allontanarsi a passo svelto mentre alle sue spalle divampano le fiamme che ridurranno in cenere e fumo l’installazione dell’artista Michelangelo Pistoletto. Quindici secondi per un gesto che al momento resta senza un movente certo.
Vandalismo, raptus o cos’altro? A questi interrogativi mirano a trovare una risposta le indagini condotte dagli agenti della squadra mobile coordinati dal dirigente Alfredo Fabbrocini. Simone Isaia, 32 anni, originario di Casalnuovo, è al momento l’unico indagato per il rogo scoppiato all’alba di mercoledì. «Non sono stato io, non c’entro nulla con questa storia», è stata la sua difesa in prima battuta, quando gli agenti lo hanno raggiunto in una mensa della Caritas nel centro di Napoli per notificargli il fermo firmato dalla Procura. Il pm che segue le indagini, Federica D’Amodio, ha ritenuto di dover emettere il provvedimento restrittivo in attesa della pronuncia del gip. L’udienza di convalida è prevista per questa mattina. Simone Isaia resta per il momento recluso nel carcere di Poggioreale, accusato di essere l’unico responsabile dell’incendio che ha ridotto in cenere e in uno scheletro annerito l’installazione di piazza Municipio. Lui nega ma gli inquirenti ritengono di averlo riconosciuto nel frame delle telecamere di sorveglianza che poco dopo le cinque e trenta del mattino catturano la scena nella piazza ancora deserta alle prime luci di un’alba afosa.
Il rogo sarebbe stato appiccato con un accendino e il fatto che Isaia sia stato trovato con cinque accendini nelle tasche al momento del fermo sembra confermare questa ipotesi.
Resta da capire il motivo del gesto. E mentre il lavoro investigativo prosegue, si accavallano le polemiche relative alla sicurezza dell’installazione in piazza Municipio, alla gestione della città e delle sue opere, all’immagine di Napoli e agli stereotipi a cui facilmente spesso si cede. C’è chi lamenta l’assenza di una recinzione messa preventivamente a protezione dell’opera, chi se la prende più in generale con il degrado della città. Il sindaco Manfredi e l’artista Pistoletto hanno promesso di ricostruirla. Per ora in piazza Municipio c’è lo scheletro annerito della Venere degli stracci, circondato dal nastro rosso e bianco e un cartello con la scritta «Sequestro penale».