Venere degli stracci incendiata, Bassolino: «Zero vigilanza per quell'opera era prevedibile che finisse così»

«Napoli non è il regno dei vandalismi ma troppi brutti episodi in questi anni»

Bassolino davanti alla Venere
Bassolino davanti alla Venere
Paolo Barbutodi Paolo Barbuto
Giovedì 13 Luglio 2023, 09:09 - Ultimo agg. 12:16
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Quando ha saputo dell'incendio alla Venere degli Stracci, Antonio Bassolino ha voluto andare di persona a guardare quel che era accaduto: «Non nascondo che appena mi sono avvicinato all'area del rogo mi sono venute le lacrime. È difficile assistere alla distruzione di un'opera d'arte e restare impassibili». Nella sua vita da sindaco di Napoli, Bassolino ha sperimentato spesso le difficoltà dell'istallazione di opere d'arte, in particolar modo al Plebiscito, conosce nel dettaglio l'argomento e ha una sua idea su quel che è accaduto all'opera di Michelangelo Pistoletto.

Bassolino, secondo lei perché c'è stata l'aggressione alla Venere?
«La risposta mi sembra evidente, si tratta di un disastro annunciato.

Non è stata prevista alcuna forma di protezione o di vigilanza per quell'installazione, era inevitabile che finisse al centro delle attenzioni di qualcuno, era chiaro che avrebbe fatto una fine del genere».

Il sindaco ha spiegato con vigore che non è militarizzando le opere che se ne garantisce la tutela. Non si può prevedere una guardia armata davanti ad ogni monumento della città.
«Non ne dubito, e mi dico anche d'accordo sul tema. Però tra la militarizzazione e la totale mancanza di vigilanza ci sono tante possibilità intermedie».

Quali?
«Io penso che sarebbe bastato chiedere il passaggio di volanti o di auto della polizia municipale con cadenza fissa, ad esempio. Chi intende aggredire un'opera del genere non riesce a farlo nel giro di pochi minuti, il passaggio di auto delle forze dell'ordine avrebbe certamente potuto limitare l'azione di chi ha dato fuoco alla struttura o, quantomeno, avrebbe consentito di lanciare un allarme immediato evitando la completa distruzione dell'opera».

Insomma, è convinto che il presidio sia l'unica via d'uscita di fronte ai vandali e ai teppisti.
«Il discorso va affrontato in maniera differente, è una questione che deve procedere su binari paralleli: da una parte occorre il controllo capillare delle opere e dei monumenti, dall'altro bisogna prevedere un'operazione di coinvolgimento della popolazione, di diffusione di educazione civica che consentirebbe di far comprendere a tutti la necessità di tutelare il bello».

Però anche le installazioni dei suoi tempi venivano prese d'assalto e vilipese.
«Vabbè, paragonare gli scugnizzi del Pallonetto che rubano un po' di sale dalla "Montagna" di Palladino all'incendio e alla distruzione di un'installazione, mi sembra esagerato. Quegli eventi in qualche modo testimoniavano che la città considerava "sua" l'opera e la viveva toccandola, scalandola. Non ho mai visto le scalate alla montagna di sale come offese all'arte. E poi, da sempre, le opere sono state installate a piazza del Plebiscito».

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C'è differenza fra il Plebiscito e piazza Municipio?
«Il Plebiscito è "naturalmente" controllato perché da un lato c'è la Prefettura, dall'altro l'Esercito ed è costantemente presidiato anche dalle forze dell'ordine.

Piazza Municipio, così com'è oggi, è un luogo senza identità».
In che senso?

«È una piazza ancora incompleta, non ha una funzione specifica, non è stata riempita di contenuti come dovrebbe essere un luogo per il quale si progetta un profondo rinnovamento. Di giorno, soprattutto, d'estate, è impraticabile perché è travolta dal sole senza possibilità di protezione, di sera fa paura perché è isolata e troppo spesso frequentata da gruppi di ragazzi che non ispirano un senso di sicurezza. Ecco perché penso che sia stato un azzardo individuare quella piazza per la Venere di Pistoletto».

Questo episodio riporta Napoli sotto i riflettori, ancora una volta in maniera negativa.
«Bisognerebbe cercare una mediazione anche sulla narrazione che circonda la città di Napoli. Non è possibile che venga bollata, alternativamente, come città di camorra o come luogo paradisiaco ricercatissimo dai turisti dove va tutto bene. Questa città, come tutte le grandi metropoli, ha pregi e difetti, bisognerebbe raccontarla per ciò che è, non inseguire l'immagine che ne viene proiettata».

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