Campania Felix, da Caserta a Pompei un patrimonio da top ten

Campania Felix, da Caserta a Pompei un patrimonio da top ten
di Carlo Avvisati
Domenica 8 Gennaio 2017, 00:03 - Ultimo agg. 09:43
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Con la cultura si mangia. Altroché. E non come asseriva qualche anno fa Giulio Tremonti, allora ministro delle Finanze del Governo Berlusconi. Che significa? Significa che il ministro Dario Franceschini, responsabile del dicastero per i Beni culturali del Bel Paese ieri ha reso disponibili i «numeri» del bilancio annuale del suo Ministero e ne è venuto fuori che l’Italia, nel 2016, ha visto incrementare i visitatori dei sui «Luoghi della Cultura» sino alla cifra di 44 milioni di presenze. Vale a dire che in virtù di questi aumenti ci sono stati incassi per oltre 172 milioni di euro, con un aumenti eccellenti rispetto al 2015. Dati che tradotti raccontano di un numero di visitatori incrementato di circa 1,2 milioni, per maggiori incassi pari a 18 milioni e mezzo di euro. 

Dunque, l’Italia e i suoi luoghi della cultura sono diventati «maglia rosa» in un tour culturale «virtuale» di respiro europeo. E tuttavia il dato più interessante, in questo rincorrersi di numeri, è quello della Campania che con i suoi siti occupa ancora quest’anno, con più di otto milioni di visitatori, il posto d’onore alle spalle del Lazio. Che, dal canto suo, straccia le altre regioni con quasi venti milioni di presenze. Di più. Nella «top ten», i primi dieci posti della classifica italiana, troviamo gli scavi di Pompei, che sono al secondo posto con un aumento di visitatori per trecentomila unità nel 2016. Poi c’è la Reggia di Caserta, che si fa avanti di una posizione, raggiunge il nono posto, e vede circa duecentomila unità in più nel suo pubblico. «Abbiamo fatto un grande lavoro di comunicazione e di marketing – racconta Mauro Felicori, il direttore di quella che è considerata la Versailles italiana – togliendo la Reggia dal cono d’ombra in cui era caduta da diversi anni e l’abbiamo rimessa al centro dell’attenzione nazionale ed europea. Poco hanno contato invece le domeniche gratuite, che c’erano già nel 2015: noi abbiamo avuto più 37 per cento di visitatori, ma più del 50 per cento di entrate. Insomma abbiamo messo in campo un modo nuovo di intendere l’immagine del museo e ne abbiamo ottenuto vantaggio». 

Per Pompei l’incremento dei turisti, oltre al fascino che lo scavo esercita sull’immaginario collettivo, va letto considerando il «Grande Progetto» di recupero dell’area. «Credo davvero - racconta il direttore generale, Massimo Osanna - che una grossa mano sia venuta dal Grande Progetto e dalle riaperture di molte domus. Inoltre, penso che l’attivazione di social come Facebook, Twitter e Instagram abbia generato una grande curiosità verso Pompei e dunque molta gente è venuta negli scavi per vedere se era vero quello che si diceva in giro della città e della sua rinascita. E questo senza contare l’attivazione del percorso per i disabili». 

E se Pompei e Reggia di Caserta stanno nella «top ten», dall’undicesimo posto al ventesimo troviamo altre tre eccellenze campane: il museo Archeologico di Napoli (undicesimo), gli scavi di Ercolano (tredicesimi) e gli scavi di Paestum (diciassettesimi). E nell’arco dei trenta siti presi in considerazione, c’è anche la Grotta Azzurra di Anacapri, che però perde ben cinque posizioni rispetto al 2015 portandosi proprio in coda. 

Ottimo piazzamento, dunque, per il museo Archeologico di Napoli che balza in avanti di tre posizioni e si piazza prima di monumenti come Villa d’Este a Tivoli o il Cenacolo Vinciano di Milano. «Il successo credo sia dovuto in primo luogo al rapporto che si è stabilito con la cittadinanza – rimarca Paolo Giulierini, il direttore dell’Archeologico napoletano – attraverso i giovedì sera d’arte che hanno riaperto il museo alla città e attraverso le campagne promozionali che hanno diffuso capillarmente l’immagine dell’Archeologico. Poi, il museo si è rifatto il look e ha chiuso con il botto della grande mostra sugli egizi. Le casse di risonanza sono state essenzialmente tre: le domeniche al museo; i giovedì sera, che sono stati strategici (1500 persone a serata, che sono state fidelizzate); la terza, appunto l’Egitto, internet, i social. Credo che il museo potrà raggiungere in qualche anno il milione di visitatori. Adesso puntiamo a incrementare le presenze con una serie di iniziative spalmate lungo tutto il 2017: mostra sulla sezione epigrafica, a maggio; a giugno Pompei e la Grecia; a dicembre, mostra sui longobardi, mai valorizzati abbastanza in Campania. Ovviamente, per i Longobardi saremo in partenariato con Ermitage e Pavia».

«Beh, Ercolano ha goduto dell’effetto traino di Pompei» spiega Filippo Maria Gambari, direttore a interim del sito dall’ottobre scorso, che ha conquistato tre posizioni e quasi centomila visitatori e continua «questo è uno dei fattori. Poi, dobbiamo considerare che in Italia c’è stato un generale aumento del turismo; infine c’è stato l’impegno con il quale abbiamo annullato l’handicap del personale dell’Ales che è ritornato a Pompei: grazia all’abnegazione del nostro personale abbiamo potuto così tenere aperte le case». Altro sito che ha fatto registrare grandi numeri è quello di Paestum che, con il suo direttore Gabriel Zuchtriegel, ha puntato sia su nuove indagini da mettere in campo nell’area archeologica sia sulla riqualificazione e la rilettura dei materiali posseduti dal museo. Buona performance per il museo Duca di Martina a Napoli, che passa da seimila a ventimila visitatori (+28%), per il museo Diego Aragona Pignatelli Cortes (da 15.000 a 40.000, +166%), e, ma qui siamo con entrata libera, per il parco di Capodimonte (poco sopra il milione di presenze). A proposito di Capodimonte: il museo segna un + 33% di ingressi, come Sant’Elmo.

Ma non è tutto oro quello che luce: altri numeri raccontano che quasi il 20 per cento degli italiani non svolge alcuna attività culturale. Di più: il 67 per cento diserta mostre e musei; mentre i siti archeologici e i monumenti sono del tutto ignorati dal 73,2 per cento. L’ottanta per cento poi non è mai stato al teatro. Al sud quei numeri sono ancora più duri da digerire. Ecco, se i dati positivi sono importanti, quelli «negativi» lo sono ancor più. Sono questi gli elementi che decretano affermazioni o disfatte. Su queste ultime bisognerà lavorare, pena il ritrovarsi con una vittoria virtuale e una sconfitta reale. 
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