Complesso dei Girolamini, la direttrice Cucciniello: «Prendiamoci cura dei nostri spazi»

La biblioteca è stata finalmente riaperta dopo lunghi anni di sequestro

La sala Vico della Biblioteca dei Girolamini
La sala Vico della Biblioteca dei Girolamini
di Vincenzo Cimmino
Lunedì 11 Settembre 2023, 16:27 - Ultimo agg. 12 Settembre, 07:30
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Una cittadella che raccorda i punti più salienti del centro storico di Napoli: si tratta del Complesso monumentale dei Girolamini, in piena via Duomo. Divenuto Monumento Nazionale nel 1866 con le leggi eversive del patrimonio ecclesiastico, tutto il convento è stato interamente musealizzato poco meno di 150 anni dopo, nel 2010.

Diretto dal 2020 da Antonella Cucciniello, il complesso vide la luce nel lontano 1586, quando si insediarono in città i padri Oratoriani, una comunità di sacerdoti raccoltasi attorno a san Filippo Neri. Il vasto insieme di edifici ospita una Chiesa barocca con due chiostri monumentali, una quadreria in restauro, una ricca biblioteca pubblica tra le più antiche d’Italia, e due oratori.

«Mi piacerebbe trovare le parole per coinvolgere i futuri fruitori nella complessità di questo luogo. La parola complessità – spiega Cucciniello – è diventata all’ordine del giorno e si pronuncia quasi sempre quando si vuole sembrare interessanti. Nel caso dei Girolamini è però una parola doverosa: tutte le muse del mouseion abitano ai Gerolomini, grazie alle sue importantissime collezioni. È un luogo in cui si accavallano stimoli, suggestioni, sensazioni, emozioni. Restituire questa complessità è la mia massima aspirazione, soprattutto in un momento in cui il turismo è vissuto in modo molto frettoloso, disattento. Questo luogo obbliga a pensare meglio certi equilibri e pretende un tipo di attenzione più puntuale. Ai Girolamini non si dovrebbe arrivare per caso: si deve decidere di venire». 

Complessità, quindi. Complessa è la storia della Biblioteca, specializzata in filosofia, teologia, storia e musica; la più antica biblioteca pubblica di Napoli e seconda in Italia, dopo la Malatestiana di Cesena. L’edificio che la ospita venne ridisegnato nel Settecento da Arcangelo Guglielmelli e la sua opera venne conclusa dal figlio nel 1727.

Assiduo frequentatore della biblioteca era Giambattista Vico, al quale si deve la conservazione del fondo Valletta nella stanza proprio a lui dedicata, la Vico. Balzata agli “onori” della cronaca nel 2012 a causa di molteplici furti di libri rari, la biblioteca oggi è stata riaperta dopo lunghi anni di sequestro.

«Quello che è successo nel 2012 – commenta la Cucciniello – è stato possibile perché era venuto meno il controllo sociale. Questo significa che tutte le volte in cui le comunità abbassano le soglie di guardia, il patrimonio storico-artistico è in pericolo. Se le comunità, soprattutto quella di prossimità, non hanno questa consapevolezza, tutti gli sforzi profusi, investimento di denaro pubblico, corrono perennemente il rischio di essere vanificati».

«Abbiamo dei fondi librari straordinari – spiega appassionata la direttrice Cucciniello, storia dell’arte – e qui, nella sala Vico in particolare, si conserva il grosso del fondo Valletta. Questo erudito vissuto tra Sei e Settecento, giureconsulto, decide di dedicare la sua vita a ricostruire, attraverso i libri, la densità del mondo antico. Questo materiale librario, insieme ai vasi apuli del IV secolo a.C. e a un cospicuo fondo di epigrafi, sarebbe andato tutto perduto se Giambattista Vico non avesse convinto gli Oratoriani ad acquistare la collezione Valletta. Questo fondo è emblematico dei Girolamini: non è solo una collezione di libri antichi e preziosi: su questi scaffali è stata ricomposta anche la logica in base alla quale Valletta custodiva i libri in casa sua. Abbiamo così ricostruito la visione di un erudito, qui, nei giorni nostri. Quindi l’attenzione degli studiosi non è solo quella per il singolo libro, ma anche per quelle che noi oggi chiamiamo connessioni».

Inoltre, i fondi e gli archivi sono oggetto di inventario e digitalizzazione: presto, quindi, verranno completamente messi in rete e saranno consultabili da chiunque. Tra tutti, forse la parte più preziosa e che promette tanto è l'archivio musicale: essendo stato negati ai più per lunghi decenni, oggi può restituire molto in termini di inediti e di nomi di compositori che stanno riaffiorando grazie allo studio.

Complessa, poi, la storia della Chiesa. Grazie alle sue decorazioni in oro, marmi e madreperla è stata chiamata anche Domus aurea. Particolare, nella facciata, le Tavole dei Comandamenti in ebraico. La Chiesa, attualmente, è chiusa per un lungo restauro che sembra però stia per volgere al termine.

«Quando riaprirà la chiesa? È una domanda complessa e semplice allo stesso tempo. Noi – continua Cucciniello – stiamo facendo passi da gigante, ma siamo ancora privi dei requisiti minimi di sicurezza e accessibilità, nonostante un finanziamento del PNRR per abbattere le barriere cognitive ed architettoniche. Però si susseguono in un ritmo sempre più incalzante le occasioni di visita in situazioni straordinarie».

Certo, tutto questo non ferma però la direzione del Complesso. «Da marzo a luglio abbiamo proposto – dichiara la Cucciniello – un festival di musica barocca creando ad hoc per ogni concerto le condizioni di sicurezza. Non è stato facile, ma noi lavoriamo tantissimo in questa direzione. Non dovremmo dimenticare che ogni luogo della cultura è uno spazio pubblico destinato alla collettività. Tengo molto a dire questo: non sono state solo delle serate offerte alla città, al pubblico, all’insegna di un’offerta ricercata, ma sono state anche il punto di approdo di un percorso di ricerca. Noi abbiamo proposto partiture scritte ai Girolamini, per i Girolamini e conservate ai Girolamini». 

 

Molti sono anche i lasciti testamentari. Uno tra i più importanti è di un sarto, Domenico Lercaro. Di questo lascito fanno parte diverse opere del grande Guido Reni. Ma come mai? L’artista arrivò a Napoli attratto dalla vita della città, dalle sue opportunità. Durò poco, ma abbastanza da maturare debiti di gioco e per acquistare vestiti alla moda. Vestiti cuciti proprio dal Lercaro, il quale, come pagamento, ebbe in cambio alcune opere del Reni che l’autore aveva in bottega. Alla sua morte, poi, Lercaro lasciò le tele ai Girolamini.

Questo è un complesso che ha ancora tanto da dire, anche alla contemporaneità. Perché questo esperimento sociale che Filippo Neri e i suoi seguaci della prima ora hanno voluto, questa offerta spirituale così originale basata sulla educazione, sulla formazione, sulla capacità di riconoscere il bello, è da intendere come possibilità di riscatto per le fasce sociali più deboli, anche e soprattutto oggi.

«Questo è l’aiuto – conclude la Cucciniello – che da operatore culturale mi sentirei di chiedere: siate coscienti, siate consapevoli che il controllo sociale spetta innanzitutto alla comunità di prossimità. E se lei non si prende cura dei nostri spazi, dei nostri luoghi, tutto questo lavoro è destinato a perdersi. Sarebbe veramente un grande peccato». 

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