Si Parla di Pnrr - il Piano nazionale di ripresa e resilienza - e Gaetano Manfredi, il candidato sindaco del centrosinistra allargato al M5S, da ministro ne ha scritto la prima stesura poi arrotondata dall'attuale premier Mario Draghi. «Bisogna essere pragmatici e io sono molto pragmatico» racconta Manfredi nel webinar organizzato dall'Arci Campania a cui, tra gli altri, ha partecipato Carlo Borgomeo.
«Negli ultimi 15 anni c'è stato un trionfo di parole e zero fatti e le vittime sono stati i cittadini.
LA COESIONE
Ha fatto una battaglia prima di accettare la candidatura vale a dire che le forze politiche che lo sostengono varassero un Patto per Napoli con delle misure straordinarie e a oggi il risultato almeno sulla carta è arrivato. Manfredi però sa bene come il Pnrr e le altre risorse in campo che già ci sono devono essere spese e bene. «Credo che i temi nel Piano riguardano quelli del Paese, non possiamo immaginare una ripartenza senza analizzare perché siamo arrivati a essere in questa condizione. L'Italia ha una sola risorsa, il Pnrr, mentre gli atri Paesi hanno una quota di spesa interna propria. La loro quota di ripartenza è doppia di qui i nostri problemi sulla spesa corrente. Dobbiamo essere capaci di lavorare sulle risorse che abbiamo per fare una azione integrata ecco perché se non ci sono istituzioni coese, indipendentemente dal colore politico la nostra prospettiva è più piccola. Fino ad oggi questa attenzione non c'è stata e la qualità della spesa avuta non è stata all'altezza della situazione». Il riferimento ai fondi per la coesione e a quelli europei non è casuale. Per Manfredi «il tema dell'operatività è fondamentale perché è questo di cui il Paese e il Sud hanno bisogno». E qui si riallaccia al Patto per Napoli e alla «necessità di avere strutture amministrative in grado di spendere i soldi perché oggi sono ridotte ai minimi termini».
I GIOVANI
L'ex ministro in questo contesto punta sui giovani perché «senza una infrastrutturazione sociale non funzionerebbero nemmeno quelle materiali». Per Manfredi «la formazione» è il punto di svolta per «avere 30enni e 40enni anche nelle istituzioni». In questo senso sciorina numeri da brividi: «Il Sud ha il tasso di laureati più basso d'Italia, la Campania quello più basso di transizione scuola-università e se andiamo a vedere chi va all'università scopriamo che sono tutti quelli che vengono dai licei, quelli che provengono dalla scuole tecniche sono pochissimi. Se guardiamo anche la composizione sociale ci accorgiamo che i figli degli operai, delle persone non laureate provengono tutti da scuole professionali che non consentono nemmeno un grado sufficiente di formazione, ragazzi che vanno verso un binario morto. La mia più grande preoccupazione è che bisogna accompagnare la gente verso le nuove opportunità altrimenti allarghiamo i divari e non li riduciamo». L'ex rettore poi conclude: «In questi 5 anni dobbiamo decidere se fare parte del gruppo che accelera la crescita oppure tra quelli che restano indietro e dare l'alibi di dire che poi non abbiamo saputo fare le cose. La Campania e Napoli invece non possono che essere le istituzioni leader verso la crescita».