«Se il sindaco Manfredi fosse il segretario del Pd il dialogo sarebbe più semplice per creare un'alleanza nel centrosinistra». Una battuta più che una suggestione quella del presidente di Azione Mara Carfagna, ieri a Napoli per la presentazione del libro di Claudio Cerasa “Le catene della destra”. A discuterne con il direttore del Foglio, oltre a Carfagna, all'istituto italiano degli studi filosofici anche il sindaco Gaetano Manfredi e in videocollegamento il ministro dell'Istruzione Giuseppe Valditara. Si è discusso di centrosinistra, di alleanze - e da qui la frase di Carfagna sull'ex rettore, con il quale ha sempre avuto grande affinità da quando vestiva i panni di ministra per il Sud - di autonomia, di scuola e soprattutto di destra. Il giornalista ha tentato attraverso l'opera di individuare tutti quegli elementi che impediscono alle destre nazionaliste e sovraniste di liberarsi dagli estremismi e dai fantasmi del passato. Spezzare dunque «le catene» per arginare le derive populiste, il complottismo, che si riverberano sui temi legati all'immigrazione, alla xenofobia, ai vaccini. Mettere sotto la lente di ingrandimento lo stato di salute della destra, da quella liberale a quella populista. Una differenza che Carfagna conosce bene: «Ho vissuto questo mondo e ho preso le distanze da Fi, partito nel quale ho militato per 15 anni, nel momento in cui ha cambiato volto e ha ceduto alle logiche di Salvini. La destra da liberale è diventata complottista». E incalza: «Il premier Meloni deve essere consapevole che su di lei pesa il fattore sovranismo. L'alleanza con l'Ungheria antieuropea e filorussa di Orban non è un pregiudizio, ma un dato di fatto confermato anche dalle presenze continue di Orban alle convention di Fratelli d'Italia, così come il comizio di Vox in Spagna o il sostegno di Salvini alla Le Pen. Tutte queste cose hanno un peso e Meloni aveva due strade davanti a sé: continuare un percorso di maturazione che sembrava ci fosse stato verso un convinto europeismo, oppure aprire uno scontro diplomatico. Ha scelto la seconda strada e questo non è un bene per l'Italia. Eravamo abituati a vedere l'Italia di Draghi viaggiare nel vagone di testa dell'Europa, con Francia e Germania, invece ieri l'altro l'Italia è rimasta a terra e fuori dalla porta dei vertici che contano» facendo riferimento al mancato invito del presidente francese Emmanuel Macron, alla cena con il cancelliere tedesco Olaf Scholz e il presidente ucraino Volodymyr Zelensky.
Il ragionamento del sindaco di Napoli è meno tranchant ma comunque spietato: «Non posso giudicare l'operato di questo governo perché ancora non ho capito qual è il programma».