Regionali Campania 2020, De Mita
vota De Luca: «È la cultura del fare»

Regionali Campania 2020, De Mita vota De Luca: «È la cultura del fare»
di Generoso Picone
Giovedì 11 Giugno 2020, 07:30 - Ultimo agg. 13:02
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Il sostegno a Vincenzo De Luca è presto detto. «Chi è che ha dominato la risposta all'emergenza da Coronavirus è stato lui e ha saputo dimostrare di essere un protagonista a livello nazionale», dice Ciriaco De Mita e così il presidente uscente della giunta regionale della Campania, da esponente «più candidabile» alle elezioni del 20 e del 21 settembre (data ancora da stabilire con certezza) come era stato definito a metà febbraio -, diventa il personaggio intorno al quale appare possibile «organizzare un processo dialettico». Ma per l'ex premier e oggi sindaco di Nusco non è questo l'argomento principale da affrontare a tre mesi dal voto. «In campo c'è da tempo una nostra iniziativa politica e io parteciperò in maniera attiva alla campagna elettorale per spiegarla diffusamente. Lo sento come un mio diritto e un mio dovere», annuncia.
 


De Mita, si tratta del progetto di una nuova Dc? Anche lei parte della coalizione centrista riunitasi alla Stazione marittima di Napoli per appoggiare De Luca con Clemente Mastella e Paolo Cirino Pomicino?
«Guardi, io intendo rivendicare la più completa autonomia della mia iniziativa condotta con la formazione di Italia è Popolare. Da anni verifico interesse e curiosità per la storia della Dc che è stata grande e non può essere messa da parte con superficialità e disinvoltura. La fine della Dc è imputabile a chi da dirigente fece venir meno il suo nome senza fornire un minimo di spiegazione. Allora sparirono in tanti, verso destra e verso sinistra. Lo ribadisco: gli ex democristiani sono quelli che sono rimasti democristiani, non coloro che sono stati o sono ancora con Silvio Berlusconi».

Lei è, dunque, ex democristiano rimasto democristiano?
«Da sempre. Oggi le letture delle pagine sturziane, del Luigi Sturzo fino al 1924 come indicava Aldo Moro, hanno rafforzato in me la convinzione che quella lezione abbia ancora un valore fondamentale e conservi una memoria profonda e fertile anche per interpretare questo presente. Sono riflessioni che confermano la validità della cultura politica popolare e la sua complementarietà a quella socialista: il suo recupero consente di formulare risposte ai problemi di oggi e soprattutto ci consegna una schema utile per poterci orientare».

Quale?
«Che nell'esercizio dialettico emergono anche i pensieri degli altri. Ciò vale pure nell'esperienza sul piano regionale e la nostra iniziativa intende muoversi proprio in questa direzione».

Sta delineando un paradigma di collaborazione con De Luca?
«Vincenzo De Luca si è imposto in Campania mobilitando le energie con la sua cultura del fare. La politica, specie sul versante dell'amministrazione, è questo. Non poesia».

Però, e lei lo ha ribadito in innumerevoli occasioni, la politica è fondamentalmente pensiero.
«Certo. Ma altrove c'è un'iniziativa mossa da un pensiero? La cultura popolare, che rimane viva, in questa circostanza può offrire alla sinistra un modello definito da raggiungere, può segnare un percorso praticabile per non rimanere bloccati nell'inerzia. Del resto, è ben noto che io abbia sempre dialogato con la sinistra: la dialettica del pensiero alimenta la condizione della democrazia e nella mia vita ho sviluppato un confronto con tutti gli esponenti della tradizione socialista e comunista. Oggi inviterei a prendere atto che la sola cultura politica che sopravvive è quella popolare, l'unica che sia ancora in grado di approntare un pensiero per il futuro».

Anche per De Luca?
«De Luca consente di poter organizzare un processo con una testa pensante. Non è un'opzione sbagliata. Ci si incontra sul terreno dell'impegno ad affrontare le sfide per l'avvenire che in Campania come in Italia sono diventate assolutamente più complesse e difficili dopo l'emergenza sanitaria di questi mesi e quella sociale che si è aperta».

Vincenzo De Luca e la sua coalizione di centrosinistra saranno in grado di misurarsi con una situazione del genere?
«Sturzo diceva che un problema che si risolve non produce una soluzione. I problemi che continuano a porsi arricchiscono la vicenda democratica».

A condizione che poi si affrontino davvero.
«Altrove, nel mondo che rimane, vedo il disastro. In circolazione ha notato forse dei Luigi Einaudi?».

Lei?
«Ho constatato che troppo spesso parla il silenzio. Specie degli intellettuali: mi colpisce la loro incapacità a capire il pensiero di chi pensava. Mi sembra che in Campania e a Napoli siano svaniti del tutto, coltivando l'illusione di costruire il nuovo senza però recuperare la storia e la memoria. Sarà un tema che intendo proporre nella campagna elettorale per richiamare l'attenzione generale».

Una campagna elettorale che si annuncia particolare, in Campania e ovunque.
«L'affronterò senza alcun artificio, ragionando su un progetto politico in grado di essere un riferimento non soltanto per gli elettori di ispirazione cattolica.
Chi è convinto delle sue tesi non è mai arrogante, ma aspetta serenamente di ricevere un giudizio su di sé». 

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