Canto di Natale - Processo al consumismo: stesso show in due teatri, donne qui e uomini di là

Lo spettacolo ideato dal collettivo Progetto Nichel sarà da stasera a domenica al Sannazaro e in Sala Assoli

Lo spettacolo al Sannazaro e in Sala Assoli
Lo spettacolo al Sannazaro e in Sala Assoli
di Luciano Giannini
Venerdì 10 Marzo 2023, 12:00
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Nella seconda metà dell'Ottocento «Canto di Natale», che Dickens scrisse nel 43, con la redenzione del vecchio Scroogie, era un invito esemplare alla gentilezza e alla generosità contro l'avarizia del portafogli e del cuore. Oggi, dopo il trattamento di Pino Carbone e Anna Carla Broegg, diventa «Canto di Natale - Processo al consumismo». Lo spettacolo, frutto di un articolato processo creativo, ideato dal collettivo Progetto Nichel, sarà da stasera a domenica, in contemporanea, al Sannazaro e in Sala Assoli. Si sdoppierà, cioè, in due allestimenti speculari, identici nella regia, nella drammaturgia, nell'estetica, con una compagnia maschile (al Sannazaro) composta da Alfonso D'Auria, Riccardo Marotta, Fabio Rossi; e una femminile (in Sala Assoli), con la Broegg, Francesca De Nicolais e Rita Russo; e ciascuna, oltre le distinzioni di genere, interpreterà sia i ruoli maschili sia quelli femminili. La produzione è del Sannazaro e di Casa del Contemporaneo.

Con la Broegg, attrice diplomata alla Bellini Factory, l'artefice del progetto è Pino Carbone, regista e autore napoletano, che si è messo in luce alla Biennale Teatro: «Tutto è iniziato circa cinque anni fa, in Cilento, con i primi laboratori.

Il tema era la società consumistica del nuovo millennio. Là abbiamo selezionato gli artisti che hanno, poi, proseguito il lavoro con noi nelle residenze successive, con la scelta di un testo di riferimento, che fosse appropriato e popolare. Canto di Natale faceva al nostro caso non soltanto per la vicenda che narra, ma anche perché il 25 dicembre è, di fatto, un simbolo del consumismo».

Il tirchio e acido Scroogie diventa metafora della società «e, dunque, del pubblico», insiste Carbone. «Prima di trasformare il racconto di Dickens in drammaturgia, noi del progetto Nichel abbiamo interrogato le nuove generazioni, ragazzi tra i 10 e i 20 anni, per capire su quali temi, in particolare, lavorare. Ne sono emersi tre: la questione ambientale; il lavoro e il precariato; infine, la perdita dell'identità, l'omologazione, a cui», precisa il regista, «molti giovani si sentono costretti. Infine, ciascuno è stato affidato ai tre fantasmi (del passato, del presente e del futuro) che compaiono a Scroogie nella notte di Natale per mostrargli il degrado della sua vita e l'importanza dell'amore e della solidarietà». 

In scena il pubblico è accolto da Jacob Marley, il socio di Scroogie, morto da sette anni, primo fantasma a comparirgli e ad annunciargli l'arrivo degli altri tre. Carbone: «In questo modo, spieghiamo agli spettatori le nostre intenzioni e li prepariamo a seguire con noi questo viaggio fantastico. Poi, ecco i tre spettri, ciascuno protagonista di altrettanti momenti teatrali, con estetiche e regie molto diverse». L'ambientazione? «Assolutamente contemporanea, con riferimenti a icone del nostro tempo come Disney, social, emoticon. Perfino i costumi, di Rita Russo, tendono a creare un brand». Morale della favola? «L'imputato è il nostro modo di vivere, quel consumismo che oggi vuol dire capitalismo errato, uso distorto dei media e fascismo più o meno strisciante». 

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