Coach Antonio Petillo da Miano a Nairobi: una missione per salvare gli streetboys

Il settimo viaggio dell'allenatore di basket in Africa

Antonio Petillo con gli streetboys
Antonio Petillo con gli streetboys
di Stefano Prestisimone
Martedì 25 Luglio 2023, 12:22 - Ultimo agg. 12:32
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E' appena tornato dalla sua settima spedizione in Africa, Antonio Petillo. Il coach dei due mondi. Come al solito in estate ha riempito due borsoni pieni zeppi di magliette, pantaloncini, palloni da gonfiare. Da Napoli a Nairobi in aereo, stavolta via Parigi. un lungo viaggio per una grande missione umana e sportiva. Il coach nativo di Miano, negli anni ‘90 ha portato Scafati in A2. Ma al centro dei suoi progetti c'è sempre stata l’attività sociale e portare su un campo da basket e salvare gli “street boys” delle baraccopoli della città keniana, è diventato il suo mantra. Lì c’è una popolazione di bambini e adolescenti che vivono in strada, perché orfani o abbandonati dalle
famiglie poverissime. Sono senza fissa dimora, vagano nelle discariche a caccia di cibo e sniffano colla per
non sentire la fame. E spesso finiscono nelle mani di aguzzini che li “vendono” a pedofili o, peggio,
si ritrovano nel giro del commercio di organi.

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Petillo, che alle spalle una lunga carriera da coach e formatore, ha creato negli anni scorsi la Kouros tra Miano e Scampia sfornando talenti in serie. Ma in tanti anni di basket ha speso la sua esistenza insegnando molto più che il tiro in sospensione o l’arresto in due tempi. Ha insegnato l’amore per il prossimo, esplorando l’anima dei suoi ragazzi e provando a tirarli fuori da quel gorgo pericoloso che li attanaglia ogni giorno, dai pericoli dei guadagni facili e della perdita dei sentimenti. Antonio oltre che in palestra, li porta, anzi per meglio dire, li trascina, alle mostre d’arte, a teatro, al cinema, compiendo un percorso che sembra un’utopia, la follia di un visionario. Da Miano a Nairobi però il passo non è breve. “Quando nel 2016 ho saputo di questa Amani Onlus, associazione che sovvenziona una comunità che recupera gli “street boys” e li fa studiare, dandogli anche un luogo per dormire, ho subito preso contatto. E da qui è nato tutto. Ora torno lì tutti gli anni. La comunità è stata fondata dal padre comboniano Kizito Sesana ed è un’oasi di generosità e altruismo. I bambini di strada normalmente vivono in clan e dunque va contattato il ragazzo-capo che deve dare il benestare all’ingresso nella comunità, magari in cambio di cibo. Il compito dei volontari è stare con i ragazzi, far sentire l’affetto che manca, farli giocare". In nome del basket e della vita.
 

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