Lugi Scavone: è bello stare al
fianco di chi ha bisogno

Lugi Scavone: è bello stare al fianco di chi ha bisogno
di Cristina Cennamo
Lunedì 17 Dicembre 2018, 13:52
5 Minuti di Lettura
Una parola per descrivere Luigi Scavone? Probabilmente, «entusiasta». Un aggettivo che calza a pennello con la figura, forse ancora poco nota ai più ma molto apprezzata nel mondo dell’economia nazionale, del dinamico shareholder del gruppo Altea, solo per citare una delle sue numerose attività. 
Basti pensare che, appena pochi mesi fa, la sua agenzia per il lavoro Alma Spa ha acquisito Idea Lavoro e Articolo 1, Soluzioni HR portando così il proprio controllo su cinque agenzie per il lavoro operanti a livello nazionale con 52 filiali ed un fatturato complessivo di circa 250milioni per il solo settore delle risorse umane. 
Una quotidianità quantomeno impegnativa, in cui Scavone ha trovato modo e tempo d’inserire anche una (lunga) serie di attività di solidarietà. 
Ma, attenzione, guai a chiamarla «beneficenza». 


D.: Aiutare il prossimo, una scelta di carità o di vicinanza? 
R.: Di sicuro, almeno per quanto mi riguarda e chiaramente con questo non intendo criticare chi la pensa diversamente, non di carità. Perché diciamolo : termini come «carità» o «beneficenza» troppo spesso, nel linguaggio parlato e nell’immaginario collettivo, fanno rima con concetti negativi, con un’idea di chi è sopra e chi sotto. Io, invece, amo stare al fianco. Certo, compatibilmente con i miei impegni di lavoro che non sono pochi: stasera, come tante altre volte, la mia giornata di business terminerà alle undici. Eppure, se si vuole ,è importante essere presenti con i soggetti che si decide di aiutare. Non solo economicamente, che anche serve certo, ma anche fisicamente. 

D.: Eppure lei di attività di questo tipo ne ha parecchie, in più parti d’Italia. 
R.: Si: ho un team in Moto GP, la Pramac Racing, l’ASD Atletico Granata Centro di Formazione Arsenal Soccer nel calcio, l’Alma Trieste nel basket. E poi, la squadra che mi da più soddisfazione, quella di hockey in carrozzella. Anzi, le voglio raccontare un aneddoto : tempo fa, provai a giocare anch’io. Insomma, seduto su quella carrozzella, il disabile ero io, non loro. Ecco, quell’esperienza mi ha arricchito molto, mi ha insegnato qualcosa che non ha un corrispettivo economico: lo sforzo di questi ragazzi è ammirabile, sono dei veri atleti, e lì ho capito davvero quanto sia importante che l’integrazione nel mondo dello sport avvenga al cento percento, e per questo continuerò a battermi al loro fianco. 

D.: Al giorno d’oggi sembra strano sentire un imprenditore di successo, che si suppone interessato principalmente alle revenues, dedicarsi con tanta energia a qualcosa che in fondo non porta profitto. 
R.: Il profitto non è solo qualcosa di materiale, e infatti non mi ritengo una mosca bianca : negli anni, questa mia indole mi ha portato a conoscere vari altri imprenditori che hanno la mia stessa visione della vita e con i quali ho sviluppato poi delle profonde amicizie. Ognuno aiuta nel suo piccolo per quel che può, ma ciò che conta è che il fine ultimo sia solo e davvero il piacere di aver donato. 

D.: Che intende?  
R.: Che il beneficio fiscale, la detrazione che se ne può ricavare, non dev’essere l’unica finalità. Ai miei colleghi imprenditori e industriali, così come a chiunque intenda spendere nella solidarietà, mi sento oggi di dire una sola cosa : la donazione va fatta affinché chi non ha avuto la nostra fortuna possa vivere meglio. Se si pensa ad altro è inutile farla. Anzi, molte volte secondo me chi fa queste cose non dovrebbe neanche troppo pubblicizzarsi. Certo, dare visibilità all’azienda va anche bene, tutti lo facciamo me compreso, però senza sfociare troppo nei personalismi da social network. 

D.: E se dovesse dare un buon motivo ad un suo amico per attivarsi nella solidarietà?
R.: Beh, ce ne sono tanti. Il primo, senza dubbio, è perché fa bene al cuore. Anche se è molto faticoso, almeno se lo fai come dico io. In secondo luogo, come dico spesso a chi mi pone questo tipo di domanda, perché in fondo noi nella nostra vita professionale siamo stati fortunati, spesso anche parecchio. E allora trovo anche giusto, arrivati ad un certo punto, fermarsi a dare una mano a chi invece magari stenta, a chi è stato meno fortunato, perché alle volte è anche questione di fato. Consideriamolo, insomma, anche un modo per ringraziare la sorte per averci arriso. Infine, da buon napoletano mi sento di dare anche una versione scaramantica di tutto questo : se dal mio lavoro ottengo dei profitti, e parte di questi profitti li utilizzo per fare del bene al prossimo, probabilmente questo bene mi tornerà indietro e magari otterrò ancora maggiori profitti, innescando così un circolo virtuoso. Non è vero ma ci credo!

D.: E’ per questo che si è avvicinato al format «Eccellenze» che valorizza e promuove il sud in Italia e all’estero?
R.: Assolutamente. Questo rapporto è nato un anno fa quando fui invitato ad un bellissimo evento al Museo Diocesano, dove a mia insaputa una commissione di valutazione mi attribuì anche un premio. Mi colpì molto la passione dell’organizzazione che considera questo brand una sorta di missione, un gruppo di professionisti che utilizza questi momenti per dare il proprio contributo alla loro regione, alla propria terra. Piccoli grandi gesti per valorizzarla, mostrandone il suo vero volto, legato alla cultura, all’arte, alla moda, all’artigianato, alla solidarietà. In occasione di Eccellenze a Capri, dove ho ideato il premio Alma «Record e Valori» per chi va al lavoro unificato a quelle che sono le eccellenze in tutti i settori a livello nazionale: è giusto che dal Nord al Sud sappiano che anche a Napoli ci sono imprenditori che portano all’estero professionalità importanti. Del resto, mi lasci dire: a Trieste, per quanto possa sembrare strano, sono ben contenti di avere un napoletano alla guida della loro squadra di basket. L’abbiamo presa che era fallita e l’abbiamo riportata in A1, e questo oltre che amore per lo sport è un forte segnale di nazionalità
© RIPRODUZIONE RISERVATA