Coronavirus in Italia, dai bar ai viaggi
il Dpcm che nessuno rispetta più

Coronavirus in Italia, dai bar ai viaggi il Dpcm che nessuno rispetta più
di Gigi Di Fiore
Mercoledì 10 Febbraio 2021, 23:43 - Ultimo agg. 11 Febbraio, 13:22
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Distanze di sicurezza da un metro, mascherina obbligatoria anche all’aperto, al ristorante solo a pranzo e non più di 4 per tavolo, sui mezzi pubblici non più del 50 per cento della capienza di passeggeri: sono alcune delle restrizioni, confermate anche dall’ultimo Dpcm, quello del 14 gennaio. Comportamenti anti-Covid, per evitare i contagi. Ma quanto si è visto nell’ultimo week-end nelle città italiane ha confermato che il rischio assembramenti è ovunque. La gente si affolla nelle strade e nelle piazze. Ci vorrebbero sempre guardiani per far rispettare i divieti. E i controlli sono difficili.


Il ministero dell’Interno raccoglie le statistiche giornaliere dei controlli anti-Covid di carabinieri e polizia. Sono il principale argine agli assembramenti e alle trasgressioni di qualche commerciante o ristoratore. Grande assente, la polizia locale. A Napoli, come anche altrove. Domenica scorsa, dai dati del Ministero risultano controllate 81924 persone, ma solo 1376 sono state multate. In 49 sono stati denunciati per aver lasciato l’abitazione dove erano obbligati a rimanere in quarantena perché positivi al virus. Su esercizi commerciali, ristoranti, pub, bar sono stati eseguiti 11830 controlli, solo 109 gli esercizi commerciali multati, per 22 c’è stata la chiusura provvisoria, in 6 casi quella definitiva. Numeri non alti, sembrano pochi rispetto agli assembramenti registrati dalle telecamere un po’ ovunque. Ma polizia e carabinieri fanno quello che possono, agiscono a discrezione e non sempre riescono a fermare chi gira senza mascherina in strada.

Tanto che il prefetto di Napoli, Marco Valentini, ha invocato l’autodisciplina riconoscendo che «è complicato garantire il distanziamento per migliaia di persone».


Era facile nei mesi del lockdown, quando in strada erano in pochi. Non è per questo un caso che le statistiche sui controlli, nei comunicati ufficiali della polizia locale a Napoli, si fermano al 25 maggio. Poi il nulla. E sfuggono gli irresponsabili che vanno in giro dopo le 22 o sono in ristoranti o bar dopo le 18 seduti a consumare. Sfuggono anche i viaggiatori senza motivo tra regioni, mai fermati.

Nell’area metropolitana di Napoli, le persone controllate sono state 14mila e solo 366 i multati. In 97 esercizi commerciali sono state fatte verifiche, con 43 multati e 6 chiusi. Non sempre, specie nei supermercati, viene indicato il numero massimo di persone ammesse all’interno. Non sempre ci sono termoscanner funzionanti per misurare la temperatura e, in qualche caso, i detergenti sanitari finiscono senza essere sostituiti. Situazioni limite, perché in prevalenza le attività di ristorazione e bar, soprattutto quelle storiche, sono le più attente a rispettare le prescrizioni.


A Napoli, nella zona dei baretti di Chiaia sono state trovate senza mascherina solo 11 persone, ai Decumani la polizia ha multati 39 persone e tre bar rimasti aperti dopo le 18. Numeri risibili e il prefetto Valentini ipotizza, nel prossimo fine settimana, l’installazione di transenne per regolare l’afflusso a piazza Plebiscito, o sul lungomare. Il famoso «indecisionismo» del sindaco Luigi De Magistris si era manifestati nell’ultimo fine settimana con un’ordinanza che affidava alla discrezione della polizia locale la decisione di chiudere o meno strade e piazze affollate. Risultato: il timore di incidenti, proteste e «problemi di ordine pubblico» ha bloccato la polizia locale che non se l’è sentita di chiudere strade o piazze.

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Nella capitale, invece, la chiusura discrezionale c’è stata. Quartiere San Lorenzo, la piazza Immacolata è stata circoscritta per far andare via 500 persone. La polizia locale ha fatto 60 multe per consumo di alcolici su strada senza le mascherine. Ma fare verifiche a tappeto resta impresa gravosa, dopo il tutti liberi da zona gialla. Le irruzioni a feste private o a locali che non rispettano l’orario di chiusura o i limiti delle persone a tavola quasi sempre avvengono su segnalazione. A Ostia è stato chiuso un circolo dove in 37 erano impegnate in un torneo di biliardo. Sull’Aurelia, è stata interrotta una festa privata con 14 persone, mentre due locali sono stati chiusi a Montesacro perchè servivano clienti dopo le 18. Il coordinatore del Comitato tecnico scientifico nazionale, Agostino Miozzo, se l’è presa con i sindaci. E gli ha risposto il presidente nazionale dell’Anci, il sindaco di Bari Antonio Decaro: «Dare la colpa ai sindaci è il nuovo sport nazionale. Non siamo noi i responsabili della sorveglianza di strade e piazze nel contrasto al Covid».

Il Dpcm di metà gennaio, però, dispone che «delle strade o piazze nei centri urbani, dove si possono creare situazioni di assembramento, può essere disposta per tutta la giornata o in fasce orarie la chiusura al pubblico». Una decisione che spetta ai sindaci. Al presidente della Regione o ai sindaci, in caso di aumento di positivi, la scelta di sospendere le lezioni in presenza nelle scuole. E, a sorpresa, il presidente della Regione Campania, Vincenzo De Luca, ha affidato ai singoli sindaci e ai prefetti la decisione. Nello sorso fine settimana, il sindaco di Benevento, Clemente Mastella, ha chiuso il corso Garibaldi, per «troppi assembramenti». Ai varchi, anche la polizia locale. Ma nelle grandi città i controlli appaiono missione difficile.


Eppure, il governo Conte ha stanziato fondi per gli straordinari alle forze dell’ordine, impegnate nei controlli anti–Covid. A novembre, erano previsti 13 milioni e poco più di 773mila euro per straordinari, con la proroga nei servizi di controllo per 753 militari all’interno della missione «Strade sicure». Ma non basta. E allora, con la minaccia contagi sempre aperta, la vera strada sembra quella indicata dal prefetto di Napoli: collaborazione e autodisciplina di tutti.

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