A Roma e dintorni si condensa un terzo totale delle multe italiane. Piazze d’onore per la Campania, dove i cittadini hanno versato alle casse dei comuni 181 milioni di euro in contravvenzioni (+36 per cento), e per il Piemonte, dove il salasso si è attestato a quota 179 milioni, con un boom del 46 per cento. Considerevoli anche le performance della Sicilia (nel forziere 115 milioni, +51 per cento) e del Veneto, dove il bottino è cresciuto da 67 a 101 milioni. In grande spolvero anche le Marche, dove i 32 milioni drenati dalle tasche dei guidatori segnano un’incredibile più 75,4 per cento rispetto all’anno scorso. Oasi d’Italia il Molise, che con 0,9 milioni di incassi e un trend in caduta libera del 22 per cento, è viceversa la regione car-friendly per eccellenza. In spregio al luogo comune del Sud indisciplinato, la città più insofferente d’Italia sembra Milano, a guardare i numeri. All’ombra della Madunina, a fronte di introiti per 157 milioni, ciascun milanese ha speso in media l’anno scorso 116 euro in contravvenzioni. A completare il podio, altre due insospettabili città come Padova e Parma, dove i cittadini hanno versato mediamente in multe 92,30 e 90,78 euroa testa. Napoli veleggia al trentatreesimo posto della hit con 11 milioni di incassi: in pratica un obolo di 20 euro a cittadino. Luogo di pace e d’amore è viceversa Taranto, dove sono stati spiccati verbali totali per la modica cifra di 8500 euro, ossia un centesimo a persona. Consegnati agli annali, per opposte ragioni, gli strani casi di Serravalle di Chienti, dove ciascuno dei mille abitanti nel 2014 ha versato in media alle casse comunali 831,49 euro di multe, e di Prignano sulla Secchia, provincia di Modena, dove l’addio al 2016 è stato salutato con un brindisi: ai 3500 cittadini neppure una multa. Sono molte le ragioni che hanno trasformato gli automobilisti italiani in bancomat ambulanti. Ma l’ex installatore di autovelox Luca Tomaselli, le condensa in una sintesi abbastanza eloquente. «Il criterio è piazzarlo dove si possono fare più multe possibili, ad esempio un rettilineo con limite di velocità basso, magari in discesa, dove è più facile che all’automobilista sfugga il controllo dell’acceleratore». «In certi Comuni - racconta l’ex dipendente - si viaggiava a 300 multe in due ore. Ma per gli amici del sindaco, le multe venivano stracciate. Mi sono sentito una carogna - si è sfogato Tomaselli - ero parte di un mezzo per spillare soldi ai cittadini». In ballo ci sono interessi importanti, che fruttano alle aziende che installano gli autovelox fino a 50 euro per foto. «Qualcosa come 15mila euro in due ore di lavoro», racconta Tomaselli.
Un patto di ferro che fa felici tutti dunque. È accaduto così a Bereguardo, provincia di Pavia, dove le società private guadagnavano oltre al canone fisso sull’autovelox percentuali su ogni multa. Un’operazione smantellata dal giudice di pace locale, che ha annullato migliaia di multe in nome di un semplice principio: i privati non possono svolgere funzioni da pubblico ufficiale. Ma il catalogo di trappole e furberie è vario e ben assortito. Basti citare su tutti, il caso dei 151 comuni coinvolti da Nord a Sud nelle indagini condotte nel 2007 dalla Guardia di Finanza Sala Consilina, in provincia di Salerno. Finirono allora nel mirino 82mila violazioni al codice della strada per un valore di 11,5 milioni di euro. Multe scattate a partire da autovelox clonati installati dalla bresciana Garda segnale srl, che avevano tutti lo stesso numero di matricola degli unici due abilitati a far scattare le sanzioni. Un business losco, condotto sulla pelle dei cittadini, che vide coinvolti 500 pubblici funzionari segnalati per i reati di truffa aggravata, turbata libertà degli incanti e corruzione. Altro caso di scuola, a proposito di teorie e tecniche della vessazione. è la pesca miracolosa scattata tre anni fa nel Veronese a San Giovanni Lupatoto, dove il velocar della statale 434 Transpolesana, ha sfilato in pochi mesi oltre cinque milioni di euro ai cittadini.
Per le casse comunali un vero bingo, dato che come denunciato dall’Aci l’apparecchio era nascosto a tre metri d’altezza.
Paludata nel manto autorevole della prevenzione e della sicurezza, l’arte del salasso a volte resta nuda, spogliata da magistrati solerti come quelli della procura di Viterbo. Che si sono chiesti per quale ragione, alla fine di un lungo rettilineo sulla provinciale Nepesina, dovesse mai fare capolino un autovelox con un limite insensato di 50 chilometri all’ora che spillava 3500 multe al mese. La risposta? Prefetto, vice prefetto, ex direttore della Polizia stradale, una funzionaria della Provincia e i manager delle società appaltatrici indagati, con l’ipotesi di concussione e abuso d’ufficio. I ricorsi contro autovelox nascosti, non opportunamente segnalati, palesemente illogici e accompagnati da limiti di velocità assurdi, continuano frattanto a fioccare in tutta Italia. Tanto che a Udine o Milano, rappresentano ormai il 40 per cento delle cause al vaglio dei giudici di pace. All’epoca delle casse vuote, i comuni hanno insomma individuato in multe spa una straordinaria opportunità di crescita. Allacciate le cinture.