Quell’inerzia che danneggia l’economia

di Angelo De Mattia
Mercoledì 17 Gennaio 2024, 23:30 - Ultimo agg. 18 Gennaio, 06:00
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L’Europa batta un colpo con un’organica strategia per contribuire in prima persona, anch’essa, ad affrontare la crisi del Mar Rosso facendo tesoro dell’esperienza “in corpore vili” delle omissioni e dei ritardi in occasione degli iniziali segnali del conflitto in Ucraina e, per certi versi, nella Striscia di Gaza. Potrebbe richiamare alla memoria la crisi di Suez del 1956 con la nazionalizzazione del canale da parte del presidente egiziano Nasser. E gli interventi militari di contrasto da parte di Francia, Inghilterra e Israele, ma naturalmente sono radicalmente diversi il contesto geopolitico, gli attori e i mezzi che hanno contrassegnato il blocco di Suez a causa della crisi del Mar Rosso.

Il richiamo serve solo a ribadire la cruciale strategicità della navigazione, che appare impedita, di Suez. A differenza dei conflitti in Ucraina, in Israele e nella Striscia di Gaza dove in primo piano si pone la tragedia delle tantissime vite umane stroncate, per il mar Rosso in evidenza sono subito gli aspetti economici, anche se non si sottovalutano di certo le perdite di vite umane e le distruzioni che derivano dalle azioni e dalle reazioni delle armi. In questo caso è il diritto alla libera navigazione che viene attaccato dagli Houthi, mentre negli altri conflitti si pongono più specifici problemi di diritto internazionale e umanitario e comunque di rispetto della vita. Se si pensa ad ancor altri conflitti risuonano le parole del Pontefice sui rischi di una nuova guerra mondiale, questa volta “a pezzi”. Già in questi primi giorni i noli dei trasporti dall’Asia verso l’Europa sono triplicati. Alla fine, l’unica opzione potrà inevitabilmente essere quella del periplo dell’Africa che stabilmente potrebbe portare tutti i costi del trasporto - per l’Italia, per esempio, il 40 per cento dell’import/export per mare passa per Suez - anche oltre il triplo.

Con il cambio di rotta, le catene del valore sarebbero gravemente danneggiate e ci ricorderebbero quel che accadde durante la fase più virulenta della pandemia. Le quotazioni del petrolio, già in ascesa, salirebbero ulteriormente e si rifletterebbero su benzina e gasolio. È bene prevedere questi rischi, ma occorre anche evitare, per ora, una drammatizzazione che porti a sostenere già adesso l’impossibilità di un allentamento della politica monetaria con l’abbassamento dei tassi e un aggravio della recessione tecnica che alcuni prevederebbero per la metà dell’anno.

Vi sono, almeno per questa fase, le scorte e sussistono interessi commerciali anche di Paesi non europei, innanzitutto la Cina, alla navigazione del canale per il loro commercio. Come si è detto, è l’Unione tutta che è toccata da questa crisi e non può di certo stare a guardare o limitarsi a sostenere la linea di una forza navale europea, forse necessaria, a protezione delle navi commerciali che certamente presuppone coinvolgimenti di Paesi come l’Italia per i quali occorrerebbe, per un’azione qualificabile eventualmente di guerra, una decisione del Parlamento in ottemperanza al dettato costituzionale, come, del resto, ha sottolineato il ministro degli Esteri Antonio Tajani.

Il Qatar ha già sospeso l’invio di petroliere che trasportano gas naturale attraverso lo stretto di Bab El-Mandeb dopo che gli attacchi aerei contro gli Houthi nello Yemen hanno aumentato i rischi della navigazione: chi teme l’azione terroristica degli assalitori delle navi e chi teme le reazioni aeree americane, donde la complessità della situazione. Quel che è necessario è avere una organica linea coerente perché l’azione terroristica degli Houthi contro il diritto della navigazione si collega alla situazione attuale dello Yemen e, di qui, alla situazione di Gaza. Conflitto chiama conflitto e questo rende necessaria un’azione per il cessate il fuoco quanto meno temporaneo nella Striscia e la liberazione degli ostaggi.

Dobbiamo sicuramente pensare alla condizione dell’Europa, alla centralità del Mediterraneo, al commercio mondiale che passa per il 12 per cento per Suez e vanno prevenute conseguenze che poi rafforzerebbero le tesi di coloro, i cosiddetti “nonsipuotisti”, che sostengono l’impossibilità di procedere a un allentamento monetario mentre l’aumento dei costi rischia di rialimentare l’inflazione. Qui sta il ruolo che, ben motivando la ragion d’essere anche in previsione delle prossime elezioni, l’Unione può e deve svolgere anche sul piano politico, diplomatico, delle relazioni internazionali. Oggi il sonnambulismo sarebbe maggiormente grave. Naturalmente, come sempre in gioco è l’altra grande istituzione che frequentemente mostra purtroppo la propria paralisi, l’Onu. La massima di Ovidio è ancora attuale: “Principiis obsta”, reagisci subito. È quanto oggi si richiede pure all’Unione. 

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