Poliziotto ucciso a Napoli, in sei campi vivono duemila rom: mai spesi i fondi europei

Poliziotto ucciso a Napoli, in sei campi vivono duemila rom: mai spesi i fondi europei
di Luigi Roano
Lunedì 27 Aprile 2020, 23:00 - Ultimo agg. 28 Aprile, 13:34
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Sono 1800, di giorno stanno per le strade della città a rovistare nella spazzatura oppure cercando di rifilare gadget ai turisti, o ancora facendo scorribande che alimentano la zona grigia della società napoletana dove il confine tra cosa è legale e cosa no è molto labile, così sottile da essere quasi invisibile. Di notte tornano nei loro campi o accampamenti dove persino l’acqua e i servizi igienici sono merce assai rara. Insomma, la questione rom è una bomba sociale che attraversa la città, per disinnescarla il Comune ha messo in campo circa 1,5 milioni - fondi europei - in buona parte però ancora non spesi, si tratta di soldi appostati nel Piano sociale di zona. Fondi che dovrebbero servire per progetti di inclusione, ovvero nel mondo del lavoro e per accedere ad abitazioni degne di queste nome, invece per ora la situazione dei campi rom in città è sotto gli occhi di tutti. Mentre la nota positiva è la buona performance sui bambini rom strappati alla strada e dirottati nelle aule scolastiche, circa 300. La convivenza con i rom non è semplice neanche a Napoli, città che ha nel dna dei suoi abitanti il sentimento morbido dell’accoglienza. Forse perché vivono come tribù chiuse al loro interno con codici poco decriptabili, o perché occupano spazi marginali della capitale del sud, in campi dove anche solo immaginare di poterci abitare farebbe venire gli incubi. Tant’è, dopo la morte del poliziotto eroe Pasquale Apicella per mano di un paio di rom che hanno centrato in pieno una volante che li inseguiva dopo un tentativo di rapina, la strada della convivenza si fa ancora più in salita. Certo i due rom provenivano dal campo di Giugliano, ma i confini tra l’area metropolitana di Napoli e il capoluogo sono davvero molto labili e c’è da tenere presente che nel mondo rom conta molto l’etnia di appartenenza più che la territorialità.

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Sono sei i campi sul territorio napoletano, di cui solo tre ufficialmente riconosciuti dal Comune. Nell’area nord occidentale sono situati in via Cupa Perillo, ovvero Scampìa, a Secondigliano e a Soccavo. Qui risiedono circa la metà dei rom napoletani tutti di etnia slava. Gli altri si trovano nell’area orientale ovvero a Barra - in via Mastellone - a Poggioreale e Gianturco, sostanzialmente sulla stessa linea retta. Qui l’etnia è quella romena. Campi dove vivere è davvero difficile, spesso senza elettricità e nessuna norma di sicurezza. Non è un caso che spesso e volentieri scoppino incendi in cui la gente muore. Insediamenti che sorgono all’improvviso senza nessuna autorizzazione e per questo ancora più pericolosi. La baraccopoli di Gianturco - per esempio - è stata messa in piedi poco più di un anno fa in un’area verde abbandonata. Sono una ventina le famiglie che vi abitano. L’accampamento è raggiungibile solo percorrendo un sentiero sterrato finito il quale si trova un cancello che porta in via del Macello - ai margini del Centro direzionale - non lontana dal Palazzo di Giustizia e dalla caserma dei vigili del fuoco. L’accesso è da un cancello in via del Macello. Dove un tempo c’era un complesso sportivo. Da quelle parti vi sono i binari e i cantieri delle Fs dove molto frequenti sono i furti di rame. 
 

 

Detto dei campi rom napoletani vale la pena verificare dove si trovano e come sono messi nell’area metropolitana. La fotografia scattata dal Viminale appena a settembre dell’anno scorso è questa e confinano tutti con Napoli: Afragola (27 adulti e 16 minori), Caivano (53; 15), Giugliano in Campania (250; 80) da dove provengono i due rom che hanno ucciso Apicella. Dei nove villaggi non autorizzati, tre come detto sono a Napoli, due a Giugliano, gli altri ad Arzano, Caivano, Casoria e Qualiano per un totale di almeno altri 1200 rom. Un quadro allarmante da un punto di vista della convivenza: o si pensa a includere seriamente questa gente oppure le rivolte periodiche e gli incendi continueranno a ripetersi. 
 

Massimo Converso - storico rappresentante dell’Opera Nomadi - ammonisce: «Evitiamo la caccia alle streghe».
Quindi il j’accuse: «Alla famiglia dell’agente vanno le nostre più sentite condoglianze. Finora nessun governo, nessuna amministrazione comunale del Napoletano ha perseguito l’unica via possibile di prevenzione della devianza per i rom: ovvero quella di regolarizzare i loro nuovi mestieri che svolgono in tutta la Campania: la raccolta differenziata dei rifiuti». Converso conclude così: «È bene ricordare che oltre dieci anni fa nella stessa zona dell’ultima tragedia un agente di polizia uccise un giovane rom, del medesimo gruppo, durante una rapina. L’Opera Nomadi evitò di generalizzare l’accaduto a tutte le forze di polizia»

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