Napoli, taglia la gola alla moglie e poi spara dalla finestra. Si uccide dopo l’inferno

Il dramma di San Giovanni che scuote la città

Il dramma di San Giovanni
Il dramma di San Giovanni
di Giuseppe Crimaldi
Venerdì 9 Febbraio 2024, 02:26 - Ultimo agg. 10 Febbraio, 10:20
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Il demone della follia si è insinuato di buon mattino nell’appartamentino al terzo piano di via Raffaele Testa, quartiere San Giovanni a Teduccio, spargendo terrore e morte in una famiglia che fino alla sera prima tutti indicavano come un modello. Inseguito da quel demone sconosciuto, pur senza dare alcun segno premonitore, Pasquale Pinto, ex guardia giurata, ha prima accompagnato i due figli a scuola, e poi è tornato casa dove ha sgozzato la moglie; subito dopo ha impugnato una pistola con la quale ha iniziato a sparare, dalla finestra che dava sulla strada, contro qualunque cosa si muovesse. E alla fine - dopo quasi tre ore di inutili trattative tentate dagli esperti della Polizia di Stato e tese a farlo desistere da ogni altro male - si è tolto la vita.

L’ultima tragedia familiare si consuma nell’area orientale di Napoli, non lontano dal Rione Villa e da via delle Repubbliche Marinare, in un edificio di edilizia popolare abitato da cinque persone: Pasquale “Lino” Pinto, di 54 anni, sua moglie Ewa Kaminska, 48enne polacca di Sztum, e i loro tre figli, due minorenni e uno di 18 anni. Una famiglia dai vicini descritta come unita e tranquilla.

Eppure qualcosa turbava il capofamiglia da giorni: lui cercava di non darlo a vedere ai suoi ragazzi, a cominciare dal più grande, che mercoledì aveva accompagnato alla Stazione Marittima dove con la scuola si sarebbe imbarcato su una nave da crociera per un viaggio di sette giorni. Lo sussurrano ora anche alcuni degli amici d’infanzia della guardia giurata, spiegando che Lino ultimamente appariva turbato, come se fosse inseguito da problemi e cattivi pensieri. Di certo qualcosa di insopportabile deve avergli devastato la mente quando, intorno alle 8,30, dopo aver portato i figli a scuola. Che cosa? Nessuno può dirlo, e probabilmente anche questo segreto rimarrà chiuso tra le mura di quell’appartamento. I condomini raccontano di urla di donna intorno alle 8,30 provenienti da quella casa, e qualcuno sostiene di averlo sentito urlare - dalla finestra, armato di una pistola calibro 9 - la seguente frase: «L’ho uccisa! Ho portato i bambini a scuola. Ma non sono pazzo!».

Qualcuno lancia l’allarme e in breve sul posto giungono le Volanti dell’Ufficio prevenzione generale diretto da Antonio Cristiano, con i colleghi del commissariato San Giovanni e gli uomini della Squadra Mobile guidata da Alfredo Fabbrocini, ai quali viene delegata l’indagine. Sono momenti di altissima tensione: Lino, che ha già ammazzato sua moglie, si sporge dalla finestra verso la strada e inizia a sparare alla vista dei poliziotti. Minaccia anche i condomini che, affacciati ai balconi, gli chiedono di calmarsi e di abbandonare quell’arma.

Sul posto ci sono anche due agenti della Questura, specializzati nella negoziazione in casi simili.

Mentre i cecchini e gli agenti dell’Unità Operative Primo Intervento - reparti speciali utilizzati anche in caso di attacchi terroristici - si posizionano, e mentre il rione piomba nel terrore, uno dei negoziatori finalmente aggancia Pinto al telefono, e dopo una lunga trattativa è a un punto dal convincerlo ad arrendersi. «Tra poco vi apro e vi faccio entrare», risponde. Sono momenti di assoluta tensione, e tutt’intorno al fabbricato cala un silenzio innaturale.

Siamo vicini all’epilogo. Sul posto ci sono anche il procuratore aggiunto della Repubblica Raffaello Falcone con il sostituto di turno: per precauzione anche a loro viene fatto indossare il giubbotto antiproiettile. Passano i minuti, passa mezz’ora e Lino - che nel frattempo è scomparso al di là della finestra - non dà più segnali. Non risponde più al cellulare. Quell’assenza prolungata induce la polizia a fare irruzione nell’appartamento, e quel che si temeva appare nella sua crudezza agli occhi degli investigatori: in camera da letto scoprono il corpo senza vita di Ewa, trafitta con una violenza inaudita da almeno dieci coltellate, l’ultima delle quali le ha reciso la carotide. C’è sangue ovunque. Nella stanza adiacente c’è invece, in posizione prona, il 54enne. Morto.

Nell’abitazione verranno trovati una cinquantina di proiettili ed una pistola calibro 9x21, la stessa usata per esplodere i colpi dalla finestra. E a questo punto i misteri aumentano: qual è stata la causa del decesso dell’uomo? Il medico legale accerta che sul suo corpo non ci sono segni di violenza, e dunque se si tratta di suicidio una delle ipotesi è che la morte sia stata causata per l’ingestione di farmaci o sostanze tossiche, come il veleno per i topi o acido muriatico. Servirà l’autopsia per sciogliere i dubbi. Si scava anche nella vita di Lino: negli ultimi tempi, dopo che era stato ferito in servizio da un rapinatore che tentò di sottrargli la pistola d’ordinanza, la sua vita era cambiata. Era stato costretto a lasciare il lavoro, e si arrangiava con piccoli impieghi saltuari. Ma può essere bastata questa condizione di precarietà a scatenare quel demone assassino? Nella tragedia c’è ora un altro dramma pesantissimo: quello dei tre ragazzi rimasti orfani. In attesa del rientro del più grande, gli altri due figli sono ora affidati ai servizi sociali.

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